domenica 17 ottobre 2010

lettera del 16 ottobre 2010

Da: padre Aldo TRENTO

Cari amici,
"Padre sono felice di essere qui, in questo ospedale. Giá arrivando e vedendo tanta bellezza, fiori, aiuole, piante, ordine, pulizia, e in particolare tanto amore, mi sono sentita come in paradiso. Lo stesso cancro ha assunto una faccia diversa".
Mi dice Giuseppina che poi é morta questa notte. La clinica é sempre piena. Moribondi soli, della strada, che arrivano per ricevere un gesto di amore puro che trova nei sacramenti il cuore e poi ripartano per il Paradiso. Spesso diamo il battesimo sotto-condizione perché non sappiamo nulla di loro, se non una cosa bellissima che Carrón ci ripete spesso: "di un amore eterno ti ho amato avendo pietá del tuo niente..." o come dice Giussani nella scuola di Comunitá: "Mi sono comosso perché tu mi odi". Guardo quel mio figlio di cui sono anche il padrino, battezzato domenica, sempre sub-condizione (significa che puó darsi che giá sia stato battezzato), mongoloide, trovato in una strada, ammalato di AIDS perché abusato sessualmente, e non posso non commuovermi pensando, oggi sabato, a quanto abbiamo pregato nelle lodi (come vorrei che voi amici miei, come quando eravate a G.S. recitaste il libro delle ore tutti i giorni per scoprire ció che a 17 anni intuivamo ma non era ancora carne): "Puó una madre abbandonare suo figlio? non commoversi per il figlio del suo ventre? Bene, se anche si dimenticasse Io non ti dimenticheró mai". Amici, guai a noi se introducessimo il sospetto che non sia cosí nella nostra vita, qualunque siano le circostanze. Immaginate che disperazione sarebbe la nostra vita, se questa certezza non fosse granitica come contenuto dell´io, quando un giorno ci amalassimo di cancro o quando ci prendesse la depressione!! Amici il peccato piú grave é il sospetto, il dubbio, quasi che Dio sia capace di inbrogliarci quando "di un amor eterno ti ho amato avendo pietá del mio niente".
Quanti momenti drammatici in queste settimane, mi sono anche arrabiato (peró da molto tempo a questa parte la mia rabbia con Dio é piena di tenerezza) con Lui, ma non c´é niente che mi possa fare nascere il sospetto che quanto mi é accaduto non sia una tenerezza di Dio.
Se non sofrissi, non vivrei quella familiaritá con Lui, che tanto bella rende la vita e che mi permette di trasmettere ai miei bambini la gioia del perdono. L´altra sera le mie figlie della casetta di Betlemme, le adolescenti vennero nel mio studio per parlarmi, confidarmi i loro problemi (é un fatto normale ma sempre nuovo). Fra le tante cose dette, alcune mi hanno colpito e fu quando, loro, abusate sessualmente per il compagno della "madre" e con il consenso della stessa, mi hanno detto: "papa´noi non vogliamo piú vivere con la mamma per quello che ci ha fatto, peró la perdoniamo". E una mi ha detto: "io vorrei vederla, ma so che lei non vuole sapere niente di me". "Per questo abbiamo bisogno che tu e Diana, la mamma di fatto, stiate con noi quando abbiamo il tempo libero della scuola, perché siamo una famiglia". L´altra sera ho cercato di insegnare a Noelia (5 anni) come si piegano i vestiti. Io la guardavo e lei, molto impegnata ogni tanto mi guardava per vedere se ero daccordo, che tenerezza! Peró se Gesú non fosse qui vivo non lo farei, mi spazienterei. É la contemporaneitá di Cristo che permette alle bambine di perdonare e a me di insegnare come si piegano i vestiti. Questa contemporaneitá é ció che ha dato la libertá carica di amore a Cesare e Lorena, che, appena sposati, alcuni mesi fa, hanno deciso di venire a vivere con i maschi della casetta numero uno di Belen. Si sono trovati giá la prima notte da sposi con a fianco della loro camera, la camera degli 11, scavezzacolli, che sono diventati loro figli. Adesso Lorena é incinta e la felicitá per tutti é ancora piú grande. I bambini che erano di una violenza inaudita -oggi sarebbero tutti nella strada a seminare violenza- oggi sono cambiati, sono bellissimi. Perfino Gabriele, di cui non abbiamo dati e che si é dato il mio cognome, che ha vissuto solo di violenza (scappava sui tetti delle case, tirava sassi rompendo i vetri delle macchine, rispondeva a botte, aveva un cinismo terribile), adesso é il migliore della sua classe. Amici é il miracolo della gratuitá, cosí come la descrive Giussani nella S.D.C. I miei educatori sono tutte persone che hanno la quinta elementare o qualcuno le medie superiori, e sono le protagoniste di questo miracolo...ma perché? Perché ogni giorno ci ricordiamo le nostre origini che é la stessa dei nostri bambini: "Io sono Tu che mi fai" o "Chi sei Tu o Cristo che di un amore eterno mi hai amato avendo pietá del mio niente".
Amici la vita é una grande avventura.
                                                       Con Affetto P. Aldo

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