venerdì 14 agosto 2020

Viganò reinterpreta il Vangelo

 il nuovo Vangelo di Viganò: “il Mio Regno è di questo mondo”

Ho appena finito di leggere una lunga nota di mons.Viganò, in cui egli accusa non solo l’attuale papa, ma anche il Concilio Vaticano II e quindi i papi successivi a Pio XII, di apostasia e di eresia, per aver detronizzato Cristo Re, non riconoscendolo Re (anche) di questo mondo e confinandone la regalità alla fine della storia, all’eschaton.
In particolare egli se la prende con il riconoscimento, fatto dal Vaticano II, della libertà religiosa, che invece, notiamo, fu molto apprezzato da Karol Wojtyla, che ne parlò come di una positiva “rivoluzione”.
 
1) Vorremo evidenziare due errori di Viganò: l’errore fondamentale è non partire dall’esperienza. Infatti egli fa tantissime affermazioni solenni e impegnative, pretendendo di basarle sulla Bibbia. Ma che cosa gli garantisce che la Bibbia sia vera e che lui la interpreti correttamente? La risposta corretta alla prima domanda dovrebbe essere: la mia esperienza umana, da cui dovrebbe scaturire anche il criterio per assicurasi di interpretare correttamente il Testo sacro. Invece Viganò non parte dalla sua esperienza, ma da degli a-priori. Qui sta la radice dei suoi errori.
 
2) Tra i tanti altri errori merita segnalarne un altro: qual è per lui il compito fondamentale del cristiano? Non fare esperienza di fede e proporla personalmente ad altri. Ma mettere in riga il mondo. Mettere in riga quegli assatanati degli esseri umani. Ecco infatti cosa dice:
“Ho scelto questo tema perché credo che, in un certo senso, possa riassumere il punto focale del nostro e vostro impegno di cattolici; non solo nella vita privata e familiare ma anche e soprattutto nella vita sociale e politica.”
Così Viganò rilegge creativamente il processo a Gesù sostenendo che egli fu condannato a morte proprio perché aveva affermato che il Suo Regno è di questo mondo:
“La costituzione del suo Regno [in questo e di questo mondo, chiosiamo] assorbì a tal punto la sua missione che l’apostasia dei suoi nemici approfittò di quest’idea per giustificare l’accusa sollevata contro di lui davanti al tribunale di Pilato: «Si hunc dimittis, non es amicus Caesaris (Se lo rilasci, sei non un amico di Cesare)». Gridarono a Ponzio Pilato: «Chiunque si fa re si oppone a Cesare» (cfr. Gv 19, 12). Convalidando l’opinione dei suoi nemici, Gesù Cristo conferma al governatore romano di essere veramente un Re: «Tu lo dici: Io sono Re» (cfr. Gv 18, 37).”
Dimenticando così che Nostro Signore ha affermato esattamente il contrario, cioè che il Suo Regno non è di questo mondo:
Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui» (Gv, 18, 36)

Viganò reinterpreta il Vangelo

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