venerdì 26 dicembre 2014

Messaggio, 25 dicembre 2014

"Cari figli! Anche oggi vi porto tra le braccia mio Figlio Gesù e cerco da Lui la pace per voi e la pace tra di voi. Pregate e adorate mio Figlio perché nei vostri cuori entri la sua pace e la sua gioia. Prego per voi perché siate sempre più aperti alla preghiera. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

martedì 23 dicembre 2014

Quella apparente fragilità che continua a interrogarci

NATALE 2014

Quella apparente fragilità che continua a interrogarci

di Julián Carrón*
23/12/2014 - Dalla nascita Gesù «in periferia» all'accoglienza di papa Francesco, il metodo di Dio ci chiede: cerchiamo la salvezza scendendo a patti col potere o nella «debolezza» del Mistero? (Corriere della Sera, 23 dicembre 2014)
Caro Direttore,
papa Francesco non smette mai di stupirci. Parlando all’udienza generale del 17 dicembre, ha detto: «L’incarnazione del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia […] in seno a una famiglia, a Nazaret […], in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero romano. Non a Roma, che era la capitale dell’impero, ma in una periferia quasi invisibile. […] Gesù è rimasto in quella periferia per trent’anni. L’evangelista Luca riassume questo periodo così: Gesù “era loro sottomesso” [cioè a Maria e Giuseppe]. E uno potrebbe dire: “Ma questo Dio che viene a salvarci, ha perso trent’anni lì, in quella periferia malfamata?”». Il Signore sempre scombina i piani sfidando il nostro modo di intendere che cosa sia veramente utile per la vita, per la storia e per i processi in corso. Chi di noi avrebbe mai scelto un uomo come Abramo, un semplice pastore, per cambiare il mondo? Chi avrebbe immaginato che sarebbe bastato?

Malgrado il popolo d’Israele abbia visto in tante occasioni questo modo di fare del Signore - a cominciare da quando Mosè aveva liberato gli ebrei dalla schiavitù degli egiziani -, davanti a una nuova prova, l’esilio, lo scetticismo riaffiora. Geremia si fa eco della diceria del suo tempo: sì, Dio ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d’Egitto, ma adesso? Ora?

E proprio in quel momento il profeta lancia una nuova sfida, nella quale si ripete lo stesso metodo di Dio: «Susciterò da Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re […] ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra» (Ger 23,5). Su quel germoglio poggia tutta la Sua promessa. Infatti «verranno giorni - dice il Signore - nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d’Egitto”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi; costoro dimoreranno nella propria terra”» (Ger 23,7-8). Il Signore si mostrerà ancora presente facendo ritornare il popolo dall’esilio.

Dio è testardo nel far vedere al Suo popolo che il metodo dell’inizio è anche quello che consente di incidere su tutti i processi successivi della storia. È così che Lui sfida lo scetticismo del popolo e cerca di sostenerne la speranza. Ma a noi questo sembra troppo poco, troppo debole, troppo inincidente, quasi ridicolo e sproporzionato rispetto alle dimensioni dei problemi con cui ci dobbiamo confrontare ogni giorno. È la ragione per cui spesso anche l’antico popolo d’Israele soccombeva alla tentazione di scendere a patti con il potere - qualsiasi fosse: Egitto o Babilonia, questo è secondario - per cercare qualcosa su cui poggiare la propria sicurezza.

Dio non cambia strada e, per continuare il suo disegno di cambiamento del mondo, ai tempi dell’Impero romano si affida al Figlio di una vergine, Maria. Senza il suo sì, che insieme a quello di Giuseppe dà credito alla promessa di Dio, non sarebbe accaduto niente. Di conseguenza, in questi giorni non ci sarebbe niente da festeggiare. E invece possiamo fare festa anche quest’anno, avendo davanti ai nostri occhi la portata della scelta di Abramo sulla scena del mondo e la profezia di quel germoglio che si è compiuta in Gesù. E passando di secolo in secolo, Lui è rimasto nella storia e oggi ci raggiunge nella vita della Chiesa, come allora, attraverso un germoglio: papa Francesco, che ci abbraccia costantemente senza avere paura di tutte le nostre fragilità e infedeltà, e senza temere il cammino della nostra libertà, proprio come fa il padre con il figliol prodigo. E rinnova la profezia antica: «Il Verbo, che trovò dimora nel grembo verginale di Maria, nella celebrazione del Natale viene a bussare nuovamente al cuore di ogni cristiano: passa e bussa. […] Quante volte Gesù passa nella nostra vita […] e quante volte non ce ne rendiamo conto, perché siamo tanto presi, immersi nei nostri pensieri, nei nostri affari» (Francesco, Angelus, 21 dicembre 2014).

È per questo che il Natale ci invita a convertire prima di tutto la modalità di concepire da dove può venire la salvezza, cioè la soluzione dei problemi che la vita quotidiana ci pone. Sfida ciascuno di noi con la grande domanda: da dove ci aspettiamo la salvezza? Dalle alleanze che facciamo l’un l’altro e dai nostri calcoli per sistemare le cose o da questo segno apparentemente impotente, una presenza quasi inosservabile ma reale, testarda, irriducibile, che il Mistero pone davanti ai nostri occhi? Tutto si gioca lì, dal primo momento fino ad ogni passo dello sviluppo di quel disegno: il nostro sì a Colui che ci chiama e che ha fatto tutto ciò che esiste, è l’unica modalità per sperare di incidere sui processi del mondo.

Come diceva don Giussani all’inizio del Sessantotto: «Veramente siamo nella condizione d’essere […] i primi di quel cambiamento profondo, di quella rivoluzione profonda che non starà mai - dico: mai - in quello che di esteriore, come realtà sociale, pretendiamo avvenga»; infatti, «non sarà mai nella cultura o nella vita della società, se non è prima […] in noi. […] Se non incomincia tra di noi […] una rivoluzione di sé, nel concepire sé […] senza preconcetto, senza mettere in salvo qualche cosa prima».
Buon Natale a tutti.

lunedì 8 dicembre 2014

Ratzinger: la mia rinuncia è valida, assurdo fare speculazioni

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Benedetto XVI di fronte a papa Francesco
(©Ansa)
(©Ansa) Benedetto XVI di fronte a papa Francesco

Benedetto XVI risponde con una lettera ad Andrea Tornielli: il nostro vaticanista gli aveva inviato alcune domande a proposito di presunte pressioni e complotti che avrebbero provocato le dimissioni

ANDREA TORNIELLI Città del Vaticano
«Non c'è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino» e le «speculazioni» in proposito sono «semplicemente assurde». Joseph Ratzinger non è stato costretto a dimettersi, non l'ha fatto a seguito di pressioni o complotti: la sua rinuncia è valida e oggi nella Chiesa non esiste alcuna «diarchia», nessun doppio governo. C'è un Papa regnante nel pieno delle sue funzioni, Francesco, e un emerito che ha come «unico e ultimo scopo» delle sue giornate quello di pregare per il suo successore.

Dal monastero «Mater Ecclesiae» dentro le mura vaticane, il Papa emerito Benedetto XVI ha preso carta e penna per stroncare le interpretazioni sul suo storico gesto di un anno fa, rilanciate da diversi media e sul web in occasione del primo anniversario della rinuncia. Lo ha fatto rispondendo personalmente a una lettera con alcune domande che gli avevamo inviato nei giorni scorsi, dopo aver letto alcuni commenti sulla stampa italiana e internazionale riguardanti le sue dimissioni. In modo sintetico ma precisissimo, Ratzinger ha risposto, smentendo i presunti retroscena segreti della rinuncia e invitando a non caricare di significati impropri alcune scelte da lui compiute, come quella di mantenere l'abito bianco anche dopo aver lasciato il ministero di vescovo di Roma.


Come si ricorderà, con un clamoroso e inatteso annuncio, l'11 febbraio 2013 Benedetto XVI comunicava ai cardinali riuniti in concistoro la sua libera decisione di dimettersi «ingravescente aetate», per motivi di età: «Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Annunciava anche che la sede apostolica sarebbe stata vacante a partire dalla sera del 28 febbraio: i cardinali si sarebbero riuniti per procedere con l'elezione del successore. Nei giorni successivi, Ratzinger faceva sapere che avrebbe mantenuto il nome di Benedetto XVI (che compare anche in calce alla fine della lettera), che si sarebbe definito d'ora in avanti «Papa emerito» (come risulta anche dall'intestazione a stampa della stessa lettera) e avrebbe continuato a indossare l'abito bianco, anche se semplificato rispetto a quello del Pontefice, vale a dire senza la mantelletta (chiamata «pellegrina») e senza la fascia.


Nel corso dell'ultima udienza del mercoledì, il 27 febbraio 2013, in una piazza San Pietro inondata di sole e gremita di fedeli, Benedetto XVI aveva detto: «In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi».


E aveva aggiunto che il suo ritirarsi, «nascosto al mondo», non significava «ritornare nel privato». «La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero - aveva detto - non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro». Proprio queste parole circa il suo voler restare «nel recinto di San Pietro» hanno fatto ipotizzare ad alcuni che la rinuncia non sia stata davvero libera e dunque valida, quasi che Ratzinger si fosse voluto ritagliare un ruolo di «Papa ombra», cioè quanto di più lontano dalla sua sensibilità si possa immaginare.


Dopo l'elezione di Francesco, le novità del suo papato, la scossa che sta portando alla Chiesa con la sua parola e la sua testimonianza personale, era fisiologico che alcuni - com'è sempre peraltro accaduto in occasione di un cambio di pontificato - lo contrapponessero al predecessore. Una contrapposizione che lo stesso Benedetto XVI ha sempre rifiutato. Nelle ultime settimane, con l'avvicinarsi del primo anniversario della rinuncia, c'è chi è andato oltre, ipotizzando persino l'invalidità delle dimissioni di Benedetto e dunque un suo ruolo ancora attivo e istituzionale accanto al Papa regnante.


Lo scorso 16 febbraio, chi scrive ha inviato al Papa emerito un messaggio con alcune specifiche domande in merito a queste interpretazioni. Due giorni dopo è arrivata la risposta. «Non c’è il minimo dubbio - scrive Ratzinger nella missiva - circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino. Unica condizione della validità è la piena libertà della decisione. Speculazioni circa la invalidità della rinuncia sono semplicemente assurde». Del resto, che la possibilità di dimettersi fosse tenuta in considerazione da molto tempo era ben noto alle persone più vicine a Ratzinger, e da lui stesso confermata nel libro intervista con il giornalista tedesco Peter Seewald («Luce del mondo», 2010): «Se un Papa si rende conto con chiarezza che non è più capace, fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l'obbligo, di dimettersi».

[da Vatican Insider]

venerdì 5 dicembre 2014

una interessante proposta per capire chi è davvero mussulmano non violento

"Secondo voi possiamo fermare o addirittura sconfiggere il terrorismo islamico promuovendo e investendo nel dialogo tra cristiani e musulmani? È possibile che i cosiddetti musulmani "moderati" sottoscrivano non solo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo delle Nazioni Unite - a cui finora non ha aderito nessuno Stato islamico - ma si spingano fino a prendere le distanze dai versetti del Corano in cui Allah ordina di uccidere gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati?
Sam Salomon, musulmano convertito al cristianesimo, ha elaborato una "Proposta per una Carta di Intesa dei Musulmani a pro dei Non-Musulmani", estremamente dettagliata sul piano dei contenuti e vincolante sul piano delle responsabilità. Ve la presento lasciando a voi il giudizio. E soprattutto sarà determinante la verifica dell'eventuale adesione dei musulmani.

PREFAZIONE
Il modo europeo occidentale di vedere la religione, raggiunto dopo secoli di spargimenti di sangue, conflitti e divisioni, intende la religione come una questione privata di fede e coscienza. I fondamentalisti islamici non condividono questo punto di vista. Non credono in uno stato nazione, nella democrazia, nell’eguaglianza delle donne o nella tolleranza. Credono nella teocrazia islamica, in una società universale musulmana, la Umma, basata sulle regole politiche in accordo con il Corano e la Sunna.
Questi punti di vista sono semplicemente incompatibili con la democrazia liberale occidentale, e abbiamo visto dove possono portare queste interpretazioni religiose estremiste, basti l'esempio dell'ISIS. L’occidente è stato estremamente lassista nel riconoscere la minaccia posta alla sua sicurezza, libertà, valori e alla compattezza della società da parte del fondamentalismo islamico. Le atrocità commesse ripetutamente dai terroristi sia del passato ed in corso (Boko Haram, ISIS, Al Qaeda e altri) hanno mostrato quanto pericoloso possa essere questo credo.
I fondamentalisti islamici comunque hanno guadagnato molto nella propaganda di guerra convincendo molti non-musulmani che loro sono i veri rappresentanti dell’Islam, mentre altre voci dei musulmani moderati inseguono lo slogan che questi terroristi non lo sono affatto, perfino ribadito per bocca del Presidente Barack Obama, poi dal Primo Ministro Britannico Cameron e, recentemente in Italia, per bocca della Onorevole Laura Boldrini.
La vasta maggioranza dei musulmani - che i cosiddetti “non-musulmani” incontrano nella vita di ogni giorno - sono persone comuni, rispettabili, rispettosi della legge e grandi lavoratori. I governi e le società occidentali devono offrire loro sostegno, e contemporaneamente mantenere una posizione ferma contro l'estremismo islamico.
Un grosso passo verso questo processo è questa “Proposta per una Carta di intesa con i musulmani. La Carta permette ai musulmani di tutte le convinzioni di spiegare chiaramente che rigettano le interpretazioni estremiste dei loro testi religiosi dove si promuove o si giustifica la violenza e si porta l’Islam in conflitto con il mondo moderno. La Carta afferma che vogliono godere le libertà dell’Occidente e vivere da persone che rispettano la legge e che amano la pace. Spero caldamente che questi gruppi che dichiarano di rappresentare i musulmani decideranno di firmare e abbracciare questo documento.
INTRODUZIONE
Se l’islam è una religione di pace, come viene assicurato dalla comunità musulmana e dal suo clero, gli atti di terrorismo commessi in suo nome sono gli atti di pochi individui deviati che hanno frainteso e mal interpretato i suoi insegnamenti; in tal caso l’Islam è del tutto innocente rispetto alla violenza e al terrorismo che ogni tanto gli viene attribuito.
Di conseguenza, da questa premessa, ci si dovrebbe aspettare che alla luce delle attuali minacce terroristiche perpetrate da parte di alcuni nel nome dell’Islam, i fedeli e gli studiosi più autorevoli convochino una conferenza generale dei suoi ulema, gli studiosi piú preparati, per discutere le dichiarazioni presentate in questa Carta. Essi non dovrebbero avere obiezioni a firmare questo documento e a sostenerne il suo contenuto, sia nella lettera che nello spirito, nel nome dell’Islam e per il benessere delle società che li ospitano e, piú in generale, dell’umanità.
Facciamo appello alle organizzazioni che rappresentano la religione islamica come il Consiglio europeo della Fatwa (European Council of Fatwa), Consiglio islamico britannico (Muslim Council of Britain), Al-Aghar, l’Organisation of Islamic Conference, la Lega Mondiale musulmana (Muslim World League) e tutti i suoi affiliati, corpi islamici nazionali e internazionali, per sottoscrivere e firmare questa proposta Carta come esempio per tutti i musulmani europei.
Ci si augura che i leader musulmani siano d’accordo sul fatto che chiunque devii dal percorso di questa Carta venga considerato su un percorso non-islamico e quindi venga considerato come emarginato dalla religione islamica, e quindi un non-musulmano.
Si auspica che almeno tutti i leader musulmani europei e le loro istituzioni, sia nazionali, che europee, firmeranno questa Carta come prima espressione del loro desiderio di vivere in pace con i paesi che li ospitano, come comunità rispettose della legge, amanti e promotori della pace, insieme ai loro vicini non- musulmani.
Qualunque tipo di rimostranza, reale o percepita, dovrà essere affrontata attraverso i canali adatti e non attraverso la violenza e il terrorismo.

Proposta per una Carta di intesa da noi Musulmani a pro dei Non-Musulmani
Preambolo
Noi sottoscritti, come rappresentanti delle comunità musulmane, nella nostra qualità di leader a vari livelli come mufti, ulema, imam, responsabili di comunità, capi di madrasse islamiche, muezzin, e tutti gli altri rilevanti incarichi, inclusi i liberi pensatori e leader delle organizzazioni non governative, così come quelli delle organizzazioni non a scopo di lucro, leader di giovani, leader di donne a tutti i livelli delle istituzioni islamiche, ci impegniamo a sostenere, promuovere diffondere e rispettare nella lettera e nello spirito, gli articoli di questa Carta.
Ci impegniamo all’affidamento e alla promozione di una coesistenza pacifica in tutta Europa nello spirito di una fratellanza estesa a tutta l’umanità, trattando tutti da uguali in accordo con i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei Diritti umani delle Nazioni Unite (Assemblea Generale risoluzione 217-III del 1948), e dell’Accordo Internazionale sui Diritti Civili e Politici (1966).
Chiunque violi qualunque di questi articoli dichiarati e dettagliati di seguito verrà considerato come una persona estranea alla Casa dell’Islam, verrà denunciato come non- musulmano, e non troverà protezione nella comunità musulmana.

Articolo 1
Rispetteremo tutte le altre religioni non-musulmane in parola e in azioni, emettendo una chiara fatwa a effetto immediato che proibisce:
a) L’uso della forza e della violenza di qualunque tipo contro i seguaci di qualunque religione non-musulmana.
b) Le minacce tramite fatwa religiosa contro le istituzioni, o l'assassinio di individui o gruppi e seguaci di altre religioni che possono essere domiciliati nelle nostre località o in qualunque altro paese, sia esso a maggioranza musulmana o no.
c) L’uso di ogni tipo di forza in qualunque forma per qualunque rimostranza percepita o reale.
d) Proibire l'omicidio o attentato a qualunque civile o istituzione civile in paesi islamici e non-islamici come modo e mezzo di soluzione di qualunque nostra rimostranza.
Articolo 2
Rispetteremo e onoreremo tutte le civiltà, culture e tradizioni di altre nazioni e genti indipendentemente dalla loro origine etnica o religiosa.
Questo verrà raggiunto introducendo un chiaro programma educativo attraverso tutte le istituzioni e le realtà islamiche, così come organizzando speciali incontri per indirizzare i giovani:
a) Promuovendo la fratellanza di tutto il genere umano senza nessuna discriminazione o differenziazione etnica o religiosa.
b) Dichiarando l’eguaglianza di tutti gli uomini e donne e la profanità di nessuno di essi.
c) Promuovendo la validità e la viabilità della legge nazionale alla quale si aderirà in modo completo e che avrà precedenza sulla Sharia.
Articolo 3
Nello spirito del detto, “Non c’é costrizione nella religione” (Sura 2:256), ci impegniamo a sostenere il valore della libertà, e in particolare della libertà di religione e di espressione. I firmatari in calce dichiarano che la religione è una questione di scelta privata e personale. Non è né nel diritto di una comunità, né nel diritto di uno stato dettare o interferire in una personale scelta di fede.
a) Di conseguenza non ci saranno recriminazioni contro qualunque musulmano o non-musulmano che sceglie di cambiare, rifiutare o adottare un’altra fede sia all’interno della Casa dell’islam (House of Islam) di qualunque denominazione, sia di un’altra religione o fede non-islamica.
b) Questo concetto verrà riproposto come aspetto vincolante su tutta l’Europa e offerto per pubblicazione su giornali locali e nazionali in modo da evitare qualunque interpretazione scorretta.
Articolo 4
La base della legittimità degli atti islamici di terrore e della loro perpetuata violenza è l’autorità che ottengono dall’essere approvati dai leader religiosi. Queste dichiarazioni di approvazione sono conosciute come fatwe. Questa situazione è ora in fase di revisione in molte nazioni islamiche.
Coloro che violano questo regolamento sono passibili di severe sanzioni. Anche l’Arabia Saudita ha messo sul tavolo alcune proposte a questo scopo, e altri governi arabi islamici hanno commissionato uno studio riguardo a questo argomento. Gli stati nazionali devono considerare questo tipo di misura come una salvaguardia dalle strumentalizzazioni opportunistiche a danno del Corano e conseguentemente a danno dell’immagine dell’Islam nel mondo.
A seguito di questi articoli, i firmatari di questa Carta condannano e revocano il diritto di emettere qualunque fatwa che provocherebbe violenza contro individui non-musulmani o istituzioni.
a) Qualunque fatwa sarà nulla o annullata.
b) Il diritto di emettere una fatwa verrà limitata a uno specifico organismo, e soltanto " quell'organismo avrà il diritto di emettere fatwe religiose rilevanti.
c) Le fatwe emesse da qualunque altro organismo (sia individuale,sia istituzionale) al di là dell'organismo autorizzato verrà invalidata e non avrà effetto.
d) Nel caso che qualcun altro al di là dello specificato organismo emetta una fatwa, questa verrà considerata illegale e sarà responsabilità delle autorità governative consegnare il/la/i responsabili alla giustizia.
e) I firmatari di questa Carta coopereranno in modo completo con la polizia e le forze di sicurezza nel consegnare alla giustizia il/la/i responsabili, incluse eventuali misure di coercizione, quando risultino opportune.
Articolo 5
In qualità di persone che amano e promuovono la pace in Europa, e credendo unanimemente che l’Islam sia una religione di pace che promuove la cooperazione e la collaborazione di tutte le persone, indipendentemente dalla loro religione o origine, etnia o genere:
a) La nozione e tutti gli insegnamenti della jihad fisica violenta sono da considerarsi non validi, inopportuni e irrilevanti, e quindi inapplicabili.
b) Di conseguenza tutti i versetti della jihad coranica che incoraggiano la violenza fisica, sia implicita o esplicita, o qualunque altra citazione di qualunque fonte islamica, sia della Sunna, sia dei detti del Profeta o degli studiosi più autorevoli, o dei leader della jihad, in qualunque momento o luogo, sono da considerarsi come inapplicabili, non validi e contrari all'islam.
c) Tutti i versetti coranici che potrebbero essere di natura provocatoria,sul piano religioso, etnico o discriminatorio riguardo al genere [maschile/femminile] sono da considerarsi solamente di valore storico e verranno considerati come non efficaci per il mondo di oggi.
d) Questi versetti verranno differiti o sospesi fino a che gli esperti non troveranno una soluzione per la loro interpretazione.
Articolo 6
Basandosi sull’accettazione dell'eguaglianza di tutto il genere umano, della fratellanza di tutti e della libertà e sacralità di ogni vita umana, in base al principio che "chiunque uccida una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità”, tutti gli atti di terrorismo contro soggetti non-musulmani sono proibiti, evitati e fuorilegge.
a) Non è giustificata alcuna missione suicida per nessuna ragione.
b) Nessuna operazione di jihad fisica violenta verrà considerata come sacra.
c) Nessuno che sceglie di morire in tale operazione verrà considerato un martire.
Articolo 7
Insieme combatteremo il terrorismo e faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per sradicarlo dalle nostre istituzioni attraverso:
a) Una piena cooperazione al nostro interno e con tutte le principali autorità, incluse quelle della Polizia e dei servizi di sicurezza.
b) Osservando e monitorando i sermoni delle moschee e altri programmi di insegnamento delle moschee per verificare l'esistenza di (eventuali) messaggi non in accordo con questa Carta.
c) Assicurandoci che vengano proclamate,in tutte le riunioni religiose e le conferenze, la cooperazione dei giovani e l’esistenza pacifica con i non-musulmani e che l’ideologia dell’odio venga sradicata.
d) Riferendo qualunque riunione sospetta o segreta di giovani cellule in qualunque delle nostre istituzioni.
e) Monitorando il web, tutte le pubblicazioni, inclusi i libri, CD, DVD, e tutti gli altri media, che servono alla causa di militanti islamici.
f) Assicurando la trasparenza e il pieno accesso alle autorità per verificare l'applicazione di questa Carta.
Articolo 8
Adotteremo una pacifica relazione con i non-musulmani e promuoveremo la pace:
a) Emettendo regolari fatwe che promuovono la pace e la fratellanza tra i musulmani e i non-musulmani come fondamentale insegnamento dell’Islam.
b) Producendo un chiaro programma che promuove la pace e il perdono tra tutti i gruppi di persone, indipendentemente dalla loro origine religiosa, culturale, linguistica o etnica.
c) Provvedendo a una chiara azione attraverso la promulgazione di leggi per espellere qualunque ufficiale musulmano o personale d’ufficio di qualunque livello che sia implicato o promuova qualunque insegnamento o attività non in accordo con questa Carta.
d) Proibendo qualunque preghiera anti-ebraica o anti-cristiana in qualunque momento, particolarmente in momenti di preghiera e altre riunioni religiose.
CONCLUSIONE:
*I versetti del Corano che le organizzazioni islamiche dovrebbero dichiarare di mero valore storico e oggi inefficaci, proprio per preservarlo e difenderlo da strumentalizzazioni da parte di coloro che si rendono colpevoli di una lettura impropria, distorta, bigotta, letteralista e criminosa per motivi personali e opportunistici e, tutto questo, a danno dei musulmani nel mondo, dei non-musulmani e della pace:
8.65 O Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Ché in verità è gente che nulla comprende.
8. 39 Combatteteli finché non ci sia più politeismo , e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono?ebbene, Allah ben osserva quello che fanno.
4. 47 O voi che avete ricevuto la Scrittura, credete in quello che abbiamo fatto scendere a conferma di ciò che già avevate, prima che cancelliamo i volti e li rivoltiamo completamente e li malediciamo come abbiamo maledetto i violatori del Sabato. La decisione di Allah è sempre eseguita.
4.74 Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso,daremo presto ricompensa immensa.
4. 76 Coloro che credono combattono per la causa di Allah, mentre i miscredenti combattono per la causa degli idoli. Combattete gli alleati di Satana. Deboli sono le astuzie di Satana.
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce. Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
8. 12 E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: « Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!
2. 191 Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti.
9.5 Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati . Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima , lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
5. 33 La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso. La morte vi coglierà ovunque sarete, foss'anche in torri fortificate".
3.151 Ben presto getteremo lo sgomento nei cuori dei miscredenti, perché hanno associato ad Allah esseri ai quali Egli non ha dato autorità alcuna. Il Fuoco sarà il loro rifugio. Sarà atroce l'asilo degli empi.
5. 51 O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro . In verità Allah non guida un popolo di ingiusti.
5. 72 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « Allah è il Messia, figlio di Maria! ». Mentre il Messia disse: « O Figli di Israele, adorate Allah, mio Signore e vostro Signore». Quanto a chi attribuisce consimili ad Allah, Allah gli preclude il Paradiso, il suo rifugio sarà il Fuoco. Gli ingiusti non avranno chi li soccorra!
5. 73 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « In verità Allah è il terzo di tre». Mentre non c'è dio all'infuori del Dio Unico!
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce . Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
*Testo del Corano, estratto dall’Edizione dell’UCOII a cura di Hamza Roberto Piccardo
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IMPEGNO PERSONALE
Io, sottoscrivo, come persona fisica, o come rappresentate ufficiale di un organizzazione, ad accettare di principio, la necessità di ri-esaminare e definire il significato e le applicazioni conseguenti di certi testi islamici e dottrine; e, mentre i contenuti riportati nella presente Carta “Proposta Carta di Intesa con i Musulmani” presuppone la necessità di ulteriori chiarimenti nelle nostre sedi più opportune e quando successivamente protocollate presso le sedi internazionali, fare rendere pubbliche attraverso i media a garanzia del nostro impegno.
Io affermo la mia credenza nel:
1. L’uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti a Dio e alla legge.
2. Parità di diritti per le donne, in principio e pratica.
3. Rigettare la pratica della coercizione, intimidazione e violenza nel nome della religione.
4. Garantire libertà di qualsiasi religione e rigettare la pratica della persecuzione per coloro che si convertono da una fede ad un altra.
5. Tollerare tutte le religioni, e i loro aderenti oltre a rigettare tutti gli insegnamenti religiosi volti a discriminare i non-musulmani sulla base delle loro credenze religiose.

Nome......................Cognome......................
Organizzazione, se rappresentata....................
Data......... e località..............
Firma………………………….
Trasformare in pdf il presente documento sottofirmato e spedire a:
currentmatters@gmail.com"

martedì 25 novembre 2014

Messaggio, 25. novembre 2014

"Cari figli! Oggi in modo particolare vi invito alla preghiera. Pregate, figlioli, per comprendere chi siete e dove dovete andare. Siate portatori della Buona Novella e uomini di speranza. Siate amore per tutti coloro che sono senza amore. Figlioli, sarete tutto e realizzarete tutto soltanto se pregate e se siete aperti alla volontà di Dio, Dio che desidera guidarvi verso la vita eterna. Io sono con voi e di giorno in giorno intercedo per voi davanti a mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

venerdì 24 ottobre 2014

papa Francesco alla beatificazione di Paolo VI

Omelia per la conclusione del Sinodo straordinario sulla Famiglia e Beatificazione del Servo di Dio papa Paolo VI

Francesco www.vatican.va

19/10/2014 - Piazza San Pietro

Abbiamo appena ascoltato una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21).

Alla provocazione dei farisei che, per così dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore, Gesù risponde con questa frase ironica e geniale. È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre.

L’accento di Gesù ricade certamente sulla seconda parte della frase: «E (rendete) a Dio quello che è di Dio». Questo significa riconoscere e professare - di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo, e non c’è alcun altro. Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio.

Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa “nuovi” continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è “la novità di Dio” nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa “novità”! «Dare a Dio quello che è di Dio», significa aprirsi alla Sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo Regno di misericordia, di amore e di pace.

Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo. Qui sta la nostra speranza perché la speranza in Dio non è quindi una fuga dalla realtà, non è un alibi: è restituire operosamente a Dio quello che Gli appartiene. È per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove.

Lo abbiamo visto in questi giorni durante il Sinodo straordinario dei Vescovi – “Sinodo” significa «camminare insieme». E infatti, pastori e laici di ogni parte del mondo hanno portato qui a Roma la voce delle loro Chiese particolari per aiutare le famiglie di oggi a camminare sulla via del Vangelo, con lo sguardo fisso su Gesù. È stata una grande esperienza nella quale abbiamo vissuto la sinodalità e la collegialità, e abbiamo sentito la forza dello Spirito Santo che guida e rinnova sempre la Chiesa chiamata, senza indugio, a prendersi cura delle ferite che sanguinano e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza.

Per il dono di questo Sinodo e per lo spirito costruttivo offerto da tutti, con l’Apostolo Paolo: «Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere» (1Ts 1,2). E lo Spirito Santo che in questi giorni operosi ci ha donato di lavorare generosamente con vera libertà e umile creatività, accompagni ancora il cammino che, nelle Chiese di tutta la terra, ci prepara al Sinodo Ordinario dei Vescovi del prossimo ottobre 2015. Abbiamo seminato e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza, nella certezza che è il Signore a far crescere quanto abbiamo seminato (cfr 1Cor 3,6).

In questo giorno della beatificazione di Papa Paolo VI mi ritornano alla mente le sue parole, con le quali istituiva il Sinodo dei Vescovi: «scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi ... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società» (Lett. ap. Motu proprio Apostolica sollicitudo).

Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!

Nelle sue annotazioni personali, il grande timoniere del Concilio, all’indomani della chiusura dell’Assise conciliare, scrisse: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva» (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Brescia 2001, pp. 120-121). In questa umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore.

Paolo VI ha saputo davvero dare a Dio quello che è di Dio dedicando tutta la propria vita all’«impegno sacro, solenne e gravissimo: quello di continuare nel tempo e di dilatare sulla terra la missione di Cristo» (Omelia nel Rito di Incoronazione: Insegnamenti I, (1963), 26), amando la Chiesa e guidando la Chiesa perché fosse «nello stesso tempo madre amorevole di tutti gli uomini e dispensatrice di salvezza» (Lett. enc. Ecclesiam Suam, Prologo).




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giovedì 9 ottobre 2014

essere contro

Premesso che condanniamo senza ambiguità qualunque forma di intolleranza e di violenza contro la libera manifestazione del proprio pensiero (purché non sia un  pensiero, a sua volta, intollerante e violento), dobbiamo confessare che il fenomeno delle "Sentinelle in piedi" suscita in noi più di una perplessità.
  Ci sembra in effetti lontano dalla sensibilità di papa Francesco e di una persona che stimiamo come autorevole, come Carròn. E' un mettersi frontalmente contro, pur con questa forma apparentemente non-violenta.
  Inoltre non ci hanno mai convinto le motivazioni che vedono nella estensione della legge Mancino all'omofobia un rischio grave per la libertà di espressione. Ci sembra che a) esista un problema oggettivo di omofobia, di discriminazione e vessazione nei confronti delle persone "diverse", i pestaggi e le aggressioni violente nei cui confronti sono fatti quasi quotidiani, e b) l'emendamento "salva-vescovi" offre le più ampie assicurazioni che questa legge non limiterà la libertà di espressione.
Del resto la legge Mancino, di cui i ddl Scalfarotto è solo un'estensione, non ha, per esempio, mandato in carcere un Borghezio, che pure contro gli immigrati ne ha dette tante...
  Inoltre c'è qualcosa di strano nelle Sentinelle: di solito si manifesta a) per affermare b) dei propri diritti, qui invece si manifesta a) per negare b) un diritto a degli altri. Strano. Anomalo.

mercoledì 10 settembre 2014

Islam: quale giudizio dare?

Da un po' di tempo a questa parte (Twin towers, Boko haram, ISIS, Pakistan) l'intelligenza cristiana è posta con più forza davanti alla domanda: che cosa pensare dell'Islam? E' una religione come le altre, magari una religione di pace? Oppure c'entra qualcosa con le violenze sempre più frequenti e sempre più atroci commesse in suo nome? E' vero che l'Islam ci ha dichiarato guerra (a noi come cristiani, oltre che come occidentali)?
 Da una parte siamo davanti alle cronache che ci dicono ogni giorno come vengono commesse, in nome dell'islam, orribili atrocità nei confronti dei cristiani e dei non mussulmani (in Iraq e in Siria anche verso i non sunniti). E qui ricordiamo il grido di dolore e di allarme di importanti vescovi mediorientali, che si sono spinti a mettere in guardia l'Occidente dall'accogliere troppi immigrati mussulmani, se vogliamo evitare di fare la loro fine.
 Dall'altra il Magistero di Papa Francesco, ma anche del card. Scola e di altri prelati, che usano toni sfumati e sottolineano piuttosto le virtù che i vizi dell'Islam, e invitano ad accettare una pacifica e dialogica convivenza con l'Islam, fuori e dentro i nostri confini.

diagnosi

 Che dire? Crediamo che occorra distinguere. Bisogna distinguere tra a)  islam in sé preso, come sistema dottrinale in sé compiuto e coerente, quale esso è contenuto nel Corano da una parte e declinazioni concrete dell'islam, dall'altra; e qui si biforcano due grandi atteggiamenti: b) un islam "moderato" o incoerente, quello che si è creato in certi momenti della storia, attenuando il rigore dell'islam in sé preso, e c) l'islam fondamentalista ovvero il fondamentalismo islamico, barbaro e sanguinario.

a) L'Islam come sistema dottrinale contenuto nel Corano è una religione di pace, aperta al dialogo, integrabile senza problemi all'interno di una democrazia "occidentale", pluralista e tollerante?
 Nel Corano si trovano molto frequentemente inviti alla guerra contro gli infedeli, si dissuade dall'avere amicizie con gli infedeli, si prevede l'eliminazione (fisica) di coloro che, all'interno dello stato islamico, non credono in Dio (pagani, animisti, politeisti, atei) e l'umiliazione dei credenti in Dio non mussulmani, i popoli del Libro, cristiani ed ebrei. Questi ultimi devono essere umiliati sia dal punto di vista economico (pagando una tassa speciale che i mussulmani non pagano) sia da quello giuridico (con la creazione di una asimmetria giuridica tra mussulmani e non-mussulmani, per cui un cristiano non può testimoniare contro un mussulmano, e un torto fatto a un mussulmano è punito in modo sensibilmente più severo del torto fatto a un non-mussulmano). Per il sistema dottrinale coranico poi la fonte della legge positiva non è la legge naturale, conoscibile dalla semplice ragione, ma è il Corano, la legge coranica, la sharia. 
 I mussulmani che osservano alla lettera il Corano pertanto non possono accettare la democrazia occidentale e l'idea di uno stato laico, tollerante e pluralista, appare ai loro occhi come un tradimento della loro fede. Del resto non lo nascondono. Fu famosa per qualche tempo la dichiarazione di un importante esponente islamico, qualche anno fa: "grazie alle vostre leggi democratiche vi conquisteremo, poi con le nostre leggi teocratiche vi domineremo".

b) Per fortuna nel corso della storia il rigore dottrinale coranico è stato qua e là, potremmo dire anche spesso, attenuato: si è attuato un islam in qualche modo più moderato, incoerente con la lettera del Corano. 
Ad esempio è ciò che è accaduto con l'impero Moghul (mussulmano) in India:
la dominazione islamica ha permesso agli induisti in India di restare induisti (incoerentemente con i precetti coranici: o la conversione o la morte). In qualche modo anche la dominazione ommayade nella penisola iberica e quella ottomana nei Balcani hanno consentito alla schiacciante maggioranza degli abitanti di quelle zone di restare cristiani. O ancora, tutti ammettono che la convivenza tra mussulmani e cristiani in medio oriente agli inizi del '900 fosse accettabilmente pacifica e positiva, mentre le cose sono peggiorate poi, grazie anche agli errori occidentali e alla nascita di Israele.
Dunque si è storicamente dato qualcosa che si potrebbe chiamare un islam più moderato (del letteralismo coranico): gli esseri umani che l'hanno incarnato hanno aperto dei varchi di umanità nella rigida osservanza letterale. Quest'ultimo islam, a cui credo appartenga uno come Wael Farouq o i mussulmani che in Egitto fanno il Meeting del Cairo, è agevolato da atteggiamenti esterni (ad esempio cristiani) non aggressivi ma dialoganti. 
 Quando infatti è avvenuto il genocidio armeno, che può essere visto come scontro tra turchi mussulmani e armeni cristiani? Non quando l'Islam (e l'Impero ottomano) era nel suo pieno splendore, ma nel momento in cui si è sentito strozzato, circondato da nemici. Quando è fiorito il fondamentalismo in medio oriente? Non nel periodo d'oro dell'islam, ma, inizialmente, davanti al predominio occidentale, davanti alla nascita dello Stato di Israele e davanti all'appoggio un po' unilaterale che gli USA gli davano, e poi, più corposamente, dopo la caduta del comunismo, che ha reso gli Stati Uniti l'unica superpotenza del mondo, con i suoi errori, vedi soprattutto le guerre del Golfo (per tacere poi dei suoi colossali autogol dell'appoggio proprio ai fondamentalisti, recentemente, in Egitto e in Siria).

c) E poi c'è l'islam fondamentalista, barbaro e sanguinario, tagliagole e bombarolo. E' l'islam di Al Qaeda, delle Twin Towers, di Boko Haram, degli Shabaab somali, dell'ISIS, presente anche nei Fratelli Mussulmani egiziani e negli islamisti libici, con riverberi anche su Hamas e altre realtà radicali. Tutti i giorni le cronache ne parlano. E' certamente un grave rischio, non solo nei paesi a maggioranza mussulmana, ma anche per i paesi occidentali con cospicua presenza di immigrazione islamica, perché è accertato ad esempio che un numero non trascurabile di terroristi dell'ISIS viene da immigrati in Europa, e della seconda generazione, quella che era stato assicurato sarebbe stata più integrata nelle società occidentali, e invece è meno integrata della prima generazione. La presenza in Occidente di un islam radicale è pericolosa non solo perché gli islamici estremisti potrebbero effettuare sanguinosi attentati, tipo stazione di Atocha in Spagna, ma perché potrebbero "contagiare" altri islamici portandoli su posizioni estremiste e producendo, per la logica dei numeri, gravi scompensi nelle società occidentali: lo stato potrebbe non poter più controllare aree importanti di territorio, specie nelle grandi città.

terapia

Dunque, che fare?
c) L'Islam fondamentalista va fronteggiato soprattutto al livello politico e con grande fermezza ed energia. L'opzione militare, meglio se passando attraverso l'approvazione dell'ONU e non unilaterale, deve assolutamente essere presa in considerazione. Ad esempio contro l'ISIS o Boko Haram. Ma occorre anche prosciugare i canali che alimentano tale pestilenza: ci sono paesi mussulmani, ahinoi alleati degli Stati Uniti, che finanziano la predicazione wahabita in tutto il mondo. Anzi finanziano gli stessi gruppi estremisti, come l'ISIS. Questo non dovrebbe più succedere. Inutile bombardare l'ISIS e fare l'occhiolino a chi lo finanzia. Fronteggiare l'islam fondamentalista potrà però essere pienamente efficace se si risolveranno situazioni che il mondo islamico tutto percepisce come ingiuste, e si eviterà di crearne altre. Penso ad esempio a Israele: occorre una soluzione equa alla spinosa vertenza israelo-palestinese, che magari non accontenterà tutti, ma sia ispirata da principi di giustizia integrale.

b) e a) Occorre poi 1) sul piano personale cercare il dialogo con i mussulmani che lo accettano, per rafforzare l'umano e la ragione che sono presenti in ogni essere umano. Un esempio è quello che è accaduto in Egitto col Meeting del Cairo. 2) Sul piano politico occorre fare pressioni sugli stati a maggioranza islamica perché diventino degli stati laici e pluralisti, non discriminatori verso i non mussulmani.
3) Sul piano culturale occorre premere perché ci sia un illuminismo mussulmano, un superamento del letteralismo coranico: deve passare l'idea che il Corano può e deve essere interpretato (e magari anche contestualizzato).


Quindi bisogna agire su più fronti. Importante è il livello personale, ma non esclusivo degli altri livelli. Speriamo poi che il Creatore della realtà e Signore della storia ci dia una mano, come del resto ha sempre fatto, anche recentemente, dandoci testimoni e guide particolarmente luminosi come Giovanni Paolo II, don Giussani, madre Teresa e, perché no?, anche papa Francesco.

martedì 26 agosto 2014

Messaggio, 25 agosto 2014

"Cari figli! Pregate per le mie intenzioni perché Satana desidera distruggere il mio piano che ho qui e rubarvi la pace. Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate affinché Dio possa operare attraverso ciascuno di voi. I vostri cuori siano aperti alla volontà di Dio. Io vi amo e vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

martedì 8 luglio 2014

Ramadan e guerra santa (Jihad)

STRAORDINARIO SAGGIO SUL RAPPORTO TRA IL RAMADAN, IL MESE DEL DIGIUNO ISLAMICO, E IL JIHAD, LA GUERRA SANTA ISLAMICA - SCRITTO DA UN EX MUSULMANO RESIDENTE IN ITALIA CHE PREFERISCE MANTENERE L'ANONIMATO PER LA COMPRENSIBILE PAURA DI ESSERE UCCISO QUALE "APOSTATA" - Il Ramadan, il mese del digiuno islamico, sfianca il corpo e la mente, favorisce la raccolta delle donazioni che alimentano la loro Guerra santa
Il “Ramadan” è molto più e molto peggio che danno e sofferenza individuale. Diventa una questione di pubblica sicurezza, e -in senso ampio di sicurezza nazionale. La sete, prima che la fame, è una sofferenza insopportabile perché è un danno gravissimo per l’organismo umano. Il dolore è un mezzo con cui madre natura ci evita di essere danneggiati. I danni organici da disidratazione sono
solo in parte reversibili. La disidratazione interviene già dopo poche ore da che non si beve, aumenta tutti i sintomi da digiuno, dall’acetone alla perdita di attenzione che diventa grave e pericolosa. I colpi di sonno sono continui. Diventa alto il rischio di
coliche renali. Il cervello è stanco, non memorizza, si diventa aggressivi e se la disidratazione prosegue abbiamo qualche neurone, cellula nervosa, che non ce la fa e muore. Chi rispetta il “Ramadan”, come chi fa lo sciopero della sete, ha meno cellule
nervose. Chi rispetta il “Ramadan” non è in grado di lavorare correttamente. Potete fare la prova: state senza mangiare e senza bere -un giorno solo- da prima dell'alba a dopo il tramonto. Quanto riuscite a lavorare o a studiare? Quanto riuscite a pensare con il vostro cervello che pensa solo all'acqua? Ancora più
interessante: rispettare il “Ramadan” è obbligatorio anche in certi posti d’Europa. Nei quartieri islamici inglesi, francesi e olandesi i poliziotti hanno l’ordine di non bere o mangiare o fumare nelle ore -diurne- del “Ramadan”, nemmeno nelle loro auto. Altrimenti vengono aggrediti da islamici “offesi”.
Nel “Ramadan” vi sono picchi di incidenti stradali, di incidenti sul lavoro, ma soprattutto di violenza. Complimenti ai “veri” islamici, cioè quelli praticanti. So bene che un digiuno senza bere molta acqua è nocivo per l'organismo, ma lo sapevo già ai tempi di quando ero ancora musulmano.
Il digiuno di Ramadan è obbligatorio per ogni musulmano che abbia
raggiunto la pubertà (quindi, attorno ai 12 anni, a seconda dei soggetti). L'educazione islamica (basata su fonti dottrinali attendibili) suggerisce di educare i bambini al digiuno già attorno ai nove anni, ossia renderli partecipi del digiuno almeno nei primi giorni del Ramadan, anche solo per mezza giornata -non sono obbligati a farlo- ma gli viene richiesto di "provare". Ovviamente, per un bambino allevato in una comunità islamica il fatto di dover iniziare a digiunare è un vero e proprio rito di passaggio dalla società
dei bambini a quella degli adulti, e in genere viene vissuto da loro come un'esperienza molto intensa ed emozionante. Si sentono come piccoli soldati.
La maggior parte degli imam insegna che il Ramadan è un toccasana per la salute, che purifica il corpo. Ovviamente sono stupidaggini perché solo un digiuno con molto e frequente rifornimento idrico ripulisce il corpo, dato che l'acqua espelle le tossine tramite orina e sudore, mentre in assenza di acqua le tossine tornano in circolo. Il punto è che la maggior parte dei musulmani è convinta che il digiuno purifichi l'organismo, oltre che … l'anima. I media dei paesi islamici avvallano questa tesi facendo parlare ai talk-show “medici” e “scienziati” islamisti che ribadiscono la menzogna del "fa bene al corpo".
Maometto (e men che meno Allah) non era certo un medico (sono stati i Fratelli Musulmani e altri gruppi modernisti a introdurre tutto il dibattito "scientifico" a sostegno dell'islam, cercando prove scientifiche nel Corano, etc). Nella letteratura classica invece si evince chiaramente che lo scopo del Ramadan è quello di PATIRE, di modo che il ricco conosca la fame e si ricordi di chi sta peggio di lui, e chi gode di salute conosca la spossatezza di modo che possa ricordarsi degli indigenti, etc . Soprattutto, è un sacrificio
personale per dimostrare la propria devozione ad Allah -un po' come i monaci cristiani che si auto-flagellavano o indossavano il cilicio. D'altro canto, va tenuto conto che gli arabi del deserto erano abituati a periodi di esposizione al caldo e privazione dell'acqua per molte ore. Quindi, nel contesto originale dell'islam il digiuno del Ramadan era solo una dilatazione di quella che avrebbe potuto essere una giornata tipica di un viaggiatore nel deserto, solo un po' più dura e un po' più lunga.
Vi sono pene severe per chi non rispetta il “Ramadan” e sarebbe invece tenuto a farlo. Ovviamente, chi per ragioni di salute non è in grado di digiunare è esentato (o del tutto, oppure è tenuto a recuperare in seguito i giorni saltati). Quanto al chirurgo, ha il diritto di astenersi dal digiuno se ritiene che digiunando metterebbe a repentaglio la salute del paziente. Il che, implica senza dubbio il riconoscimento che il ”Ramadan” nuoce alla salute.
La critica “formale” al Ramadan è peraltro un'arma a doppio taglio. Anche gli ebrei hanno i loro digiuni religiosi obbligatori, e uno di essi prevede più di 24 ore completamente senza acqua ne cibo. Quindi questa critica al digiuno potrebbe non trovare molto sostegno poiché finisce per attaccare anche la comunità ebraica, salvo altre. Occorre essere più precisi.
Il problema del digiuno imposto nel “Ramadan” si fa sentire quando in Occidente ci si rende conto che anche i minori vengono obbligati a digiunare. Dato che la pubertà può arrivare in qualsiasi momento tra i 9 e i 15 anni, vuol dire che molti bambini e ragazzini (minorenni) vengono obbligati dai genitori a digiunare per il Ramadan. Questa è una situazione spinosa perché il minore si colloca tra i doveri di tutela della società e i “diritti educativi” dei genitori. Quando è che la società deve intervenire e opporsi a certa “educazione” dei
figli da parte dei genitori? Non vi sono risposte univoche, ma siamo tutti d’accordo che vi sono casi in cui lo Stato ha diritto e dovere di intervenire, come nei casi di violenza sui bambini, fosse anche violenza a scopo "educativo". E nei casi di violenza “psicologica” grave. Le minacce rivolte a un bambino possono avere su di lui effetti mentali pesanti, coercitivi e duraturi. Sicuramente, il digiuno può creare gravi problemi di salute per un bambino che va a scuola. D’altronde la società italiana non è islamica, quindi le scuole non prevedono programmi speciali per “accogliere” il mese di Ramadan, e può benissimo succedere che un ragazzino svenga durante un compito in classe o durante l'ora di educazione fisica a causa del lungo digiuno forzato. Del resto, qui vale la Legge, non le religioni. Non dimentichiamolo. Io ritengo che il mese di Ramadan sia un ottima occasione per attirare l'attenzione sull'islam e sui suoi connaturati intenti aggressivi.
La argomentazione migliore è quella di ricordare che la giurisprudenza islamica è costruita attorno ai famosi 5 pilastri: (1) la shahadah (attestazione di fede), (2) la salah (preghiera), (3) il siyam (digiuno), (4) la zakah (tasse), (5) lo hajj (pellegrinaggio).
I testi di giurisprudenza (chiamata fiqh, e non shari'ah, come molti
erroneamente credono!) sono elaborati attorno a questi 5 pilastri e ne rispettano l'ordine. Quindi, il primo capitolo è sempre quello della 'aqidah (i dogmi monoteisti) poiché l'attestazione di fede implica l'accettazione incondizionata dei dogmi. Poi vengono i capitoli della taharah (la purità legale) poiché se non si è in stato di purificazione non si può pregare. Poi vi è il capitolo sugli orari delle preghiere, seguito da quello sulle preghiere vere e proprie. Segue il capitolo sui digiuni. Poi c'è il capitolo della zakah, che include anche la dhimmah che è la tassa per i cittadini non musulmani sottomessi (la "gente del libro").
A questo punto (prima del pellegrinaggio, in genere) seguono i capitoli della da'wah e dello Jihad. Questo per un valido motivo: dopo aver raccolto le tasse, il Califfo è obbligato a dichiarare il Jihad. Il semplice fatto di aver raccolto i soldi dei musulmani lo obbliga a dover dichiarare guerra agli infedeli. I giuristi concordano sul fatto che sia un obbligo assoluto che il Califfo conduca almeno una battaglia ogni anno. Le ragioni sono semplici: scopo dell'islam è combattere la miscredenza: "e combatteteli fino a che non
vi siano più tribolazioni e tutta la religione apparterrà ad Allah" (Corano 2:193). Ora, siccome prima di sferrare un attacco è necessario proporre la conversione all'islam oppure la sottomissione alla dhimmah, in genere il capitolo sulla da'wah viene prima di quello sullo Jihad. Se la missione di "conversione" ha successo (ossia, la nazione aggredita si converte o accetta la dhimmah) questa viene contemplata come un adempimento dell'obbligo a dichiarare il Jihad -la conversione e la sottomissione sono considerate vittorie superiori a quella bellica.
Il punto è che voglio far comprendere alle persone del Contro-Jihad che l'islam è costruito su questo ciclo annuo in cui vengono ripercorsi i 5 pilastri, culminando con il pellegrinaggio, e che questo ciclo -se vi fosse un Califfo prevederebbe una guerra di espansione ogni anno. Gli sciiti fanno eccezione, da quanto mi risulta loro non fanno guerra se non per difesa, quindi per loro il dovere si ferma alla da'wah. Ma per i sunniti il Jihad in occorrenza della tassa annuale è un pilastro di fede. Ha a che fare con il ciclo della purificazione: il
digiuno purifica l'anima, la zakah purifica le proprietà e il denaro, il Jihad purifica il pianeta. Infine, il pellegrinaggio (il cui obbligo è in realtà limitato a una sola volta nella vita, tutti gli altri pellegrinaggi sono incoraggiati e lodati ma non obbligatori) purifica l'annata passata dato che per poterlo fare bisogna aver sciolto tutti i debiti personali. Quindi, la salah è una questione privata, tra il muslim ed Allah. Il Ramadan è una questione di gruppo dato che coinvolge tutta la famiglia e dato che le preghiere notturne del Ramadan (il tarawih, in cui viene letto tutto il Corano nell’arco del mese, un trentesimo per notte) sono collettive. La tassa è una questione politica, tra il muslim e il suo Califfo. Jihad e Da'wah sono una
questione planetaria, tra i musulmani in quanto nazione, e tutte le altre nazioni "nemiche" di Allah e della “vera” fede. Il pellegrinaggio è una questione sia privata che di gruppo.
Un aspetto importante di tutto questo, che spesso sfugge agli occidentali e ai critici dell'islam, è come tutti questi legami che ho esposto siano palesemente spiegati nei testi classici islamici. Il fatto che i 5 pilastri siano obbligatori fa sì che i musulmani siano incitati a creare una situazione che li renda praticabili. Per esempio, i migranti che si trovano a vivere in un paese straniero, non islamico, sentono il dovere di costruire una moschea. Pregare da soli o in casa va benissimo, anche se pregare in gruppo è sempre meglio. Ma la preghiera del venerdì può essere fatta solo in una moschea vera e
propria, e non in una casa privata. Quindi il primo passo che una piccola comunità di migranti sente di voler intraprendere è quello di acquistare un locale da adibire a moschea. Creata la moschea, serve l'imam, e spesso la comunità nascente si adopera ad "importarne" uno da qualche scuola del Golfo o dal loro paese d'origine. A questo imam viene data una casa e uno stipendio, e in cambio lui dirigerà la preghiera del venerdì, organizzerà il Ramadan, etc .
Quanto alla zakah, la situazione è complessa. Siccome non vi è un Califfo, non è chiaro a chi debbano essere versati quei soldi. A mio avviso (e sono sempre stato di questa idea, anche quando ero musulmano) l'assenza di un Califfo rende impossibile pagare la zakah. Ma la maggior parte dei sapienti islamici ha decretato che pagarla è un obbligo, anche se non c'è il Califfo. Quindi nasce il problema politico del decidere a quale sovrano versare i soldi.
Ovviamente, tutti i regimi arabi ed islamici sostengono che il loro presidente o re è il "Principe dei Credenti". Questo titolo non è lo stesso del Califfo, ma il fatto che ci si dichiari "Principe dei Credenti" ci va molto vicino. Per esempio, il titolo onorario del Re Saudita e di quello marocchino è proprio "Principe dei Credenti". Questo sarebbe sinonimo di Califfo, ma loro non sono così scemi da dirlo apertamente perché se lo facessero sarebbe come proclamarsi capo indiscusso di tutti i musulmani del pianeta.
Ad ogni modo, nei fatti avviene che ciascuna moschea decide a quale Governo dirottare i soldi che riceve dai suoi seguaci. Alcuni li mandano in Arabia Saudita, altri al Re del Marocco. Altri invece li mandano ai loro leader dello Jihad, come Bin Laden, o ad altri condottieri famosi. Altri ancora optano invece per darli a qualche organizzazione che rappresenti le moschee del paese in cui abitano -tipo il consiglio delle moschee italiane, etc . In effetti, la
giurisprudenza islamica semplicemente non contempla la situazione in cui il posto del Califfo sia vacante. Per i musulmani pre-coloniali era semplicemente impensabile che il Califfato potesse un giorno cadere -la loro fede in Allah gli impediva anche solo di contemplare teoricamente un simile disastro politico. Quindi non vi sono direttive univoche su come gestire la situazione.
Però qualsiasi musulmano un po' istruito è in grado di comprendere che, una volta edificata la moschea e importato un imam, il passo successivo è quello di rendere possibile la purificazione di questi soldi attraverso il Jihad. Oggi, in Europa, questi soldi, quando non vengono mandati in Arabia Saudita, vengono in genere utilizzati per la da'wah nel paese di dimora, oppure spediti ai combattenti dello Jihad come forma di sostegno -a volte entrambe le cose. I governi che accettano i soldi della zakah raccolti in Occidente, li rigirano ai
ministeri che si occupano di gestire la zakah (la quale, oggigiorno, viene trattata separatamente dalle tasse generiche). Questo denaro viene utilizzato per sfamare poveri, aiutare indigenti, e per produrre materiale per la da'wah e pagare missionari che promuovano l'islam; in genere un po' di tutto questo.
Ma la cosa importante è capire che la raccolta della zakah è un'attestazione del potere personale e politico del Califfo. Tradizionalmente, il Califfo doveva mandare i suoi emissari "di porta in porta" a raccogliere la zakah, e solo i dhimmi dovevano invece andare a pagarla di fronte alla moschea. Nel primo caso, il Califfo deve mostrare il suo potere di controllare il territorio, mandando gli esattori fino alla porta di casa dei suoi sudditi -tieni conto che
all'epoca, mandare un emissario dal Cairo fino alle regioni dell'Africa, dell’India e della Russia era un'impresa mirabile, soprattutto se consideri che questi emissari dovevano a volte viaggiare settimane per raggiungere un individuo che abitava isolato nel deserto, ma era un dovere. L'idea che il musulmano vada a pagare la tassa in un ufficio, o anche solo in moschea, è un insulto dal punto di vista della giurisprudenza classica. Io, quando ero
muslim, mi rifiutavo di portare il soldi della zakah in moschea, andavo invece dall'imam locale e l'ammonivo che era obbligato a mandarmi gli emissari fino a casa. E se rispondeva che non era in grado di farlo io gli rispondevo che allora il suo ufficio di imam era invalidato, che era un impostore.
D'altro canto, il dhimmi deve invece recarsi di fronte alla moschea, in segno di sottomissione, e l'esattore li attende seduto e li fa mettere in fila indiana, e quando il dhimmi paga la tassa l'esattore gli tira la barba verso il basso per umiliarlo pubblicamente (è un precetto islamico). In questo caso, l'idea che un musulmano debba scomodarsi per prendere i soldi di un dhimmi è a dir poco
inconcepibile: i musulmani "gli stanno facendo un favore" nell'accoglierlo come cittadino di second'ordine, e la tassa che paga è il minimo contributo che possa fare per questo “privilegio”.
Tornando alle considerazioni generali, nell'islam i cicli sono molto importanti: le preghiere seguono il ciclo diurno/notturno, il Ramadan segue il ciclo annuale. I 5 pilastri della fede, e le leggi dell'Islam sono costruiti attorno a questi cicli. Non solo, sono anche costruiti attorno alle esigenze di formare una comunità che al più presto diventi politica e pratichi Jihad. Così come i divieti e le prescrizioni alimentari fanno sì che i musulmani migranti si ritrovino a dover mettere su macellerie e negozi alimentari halal, allo stesso modo si
trovano a dover istituire moschee, importare imam dotti nella fede, e infine mettere su un apparato logistico che consenta la raccolta delle tasse. Eccolo, lo “Stato nello Stato” (del quale la moschea è il fulcro).
L'atto stesso di pagare una tassa a un leader (assente e simbolico o reale ed esistente che sia) è di per sé un atto di ripudio dell'autorità del governo ospitante. Quando gli ebrei andarono da Gesù per chiedergli se dovessero pagare la tassa a Cesare o a Dio, stavano ponendo un quesito di chiara natura politica: a chi va la nostra alleanza? Ai Romani che ci governano o a un nostro leader religioso? In quel caso, la domanda era un trappola per
Gesù: se avesse risposto “a Dio”, sarebbe stato arrestato per incitazione alla disobbedienza verso l'autorità romana. Se avesse risposto “a Cesare”, gli ebrei lo avrebbero tacciato di servilismo ai Romani. Astutamente, egli rispose "Dai a Cesare ciò che è di Cesare e dai a Dio ciò che è di Dio" lasciando la questione al buon senso delle persone, senza compromettersi giuridicamente
né in un senso né nell'altro.
Però il musulmano che vive in Occidente è costantemente messo alla prova dalla vita comunitaria: va in moschea e sente che manca il Califfo, si sente in difetto perché si rende conto che la zakah -uno dei 5 pilastri della fede- è una questione non chiara, i suoi soldi non vengono purificati come si deve. Legalmente, avviene che i soldi della zakah spesso vengano donati a organizzazioni come Islamic Relief, che offrono assistenza ai bambini vittime della guerra in Afghanistan, Iraq, etc . Lì vi è un messaggio chiaro: il tuo
cuore (e il tuo portafogli) devono essere con quelli che praticano il Jihad. Che poi spesso queste organizzazioni siano delle facciate per finanziare il Jihad anche in Occidente è cosa risaputa, e molte di queste sono state chiuse o bandite. Il fatto è e rimane che vi è un chiaro messaggio politico il quale collega la moschea al fronte dello Jihad, così come la preghiera e la tassa della zakah ci rimandano alla stessa guerra santa.
L'islam è architettato affinché riproduca sempre ed inevitabilmente la situazione dei tempi di Maometto, che ai nostri giorni vuol dire ricostruire il Califfato e riprendere il Jihad come sforzo collettivo per purificare il pianeta Terra "finché la religione non appartenga tutta ad Allah".
Questa situazione crea una forte tensione: da un lato, non è possibile comportarsi come se si fosse nelle prime fasi della missione di Maometto, ossia i tempi della da'wah, quando Allah non aveva ancora formalizzato il Jihad e tutta la giurisprudenza, no: la rivelazione coranica è stata completata e le leggi vanno seguite, punto e basta. D'altro canto, però, i sapienti ammettono che i musulmani si trovano, ciascuno a seconda della situazione in cui vive, a dover attingere agli esempi delle varie fasi della vita di Maometto. Per esempio, chi vive in un paese che era stato un tempo sotto il Califfato (esempio la Tunisia, etc ) si trova in una
situazione in cui l'islam è stato "schiacciato" dagli infedeli, e si sente
governato da fantocci che si spacciano per musulmani ma che governano con canoni filo-occidentali. In questi casi il Jihad è un obbligo incombente perché una terra che è stata conquistata dall'islam non può essere più ceduta ai miscredenti. E quindi in simili luoghi la regola è di organizzarsi, clandestinamente o apertamente, per aizzare le genti a un colpo di Stato.
Per il muslim che vive in Occidente, invece, solitamente viene
proposto il modello della "Casa di Arqam". Si riferisce agli albori dell'islam, quando Maometto e i suoi (pochi) seguaci stazionavano in casa di Arqam (alle porte della Mecca), uno dei primi convertiti, e intercettavano i pellegrini politeisti per fare la da'wah. Quindi vedono il Paese che li ospita come una nazione di "ignoranti" ai quali deve essere spiegato l'islam. Però al contempo si sentono divisi perché sanno che dall'altra parte del mondo, altri musulmani stanno
lottando per riportare il governo islamico nei paesi che erano parte del Califfato. Se poi il paese occidentale in questione è in qualche modo coinvolto con politiche legate alle guerre nei paesi islamici, allora vi è una ulteriore tensione di sottofondo verso quanto concerne le autorità locali.
Nessun periodo dell'anno è circostanza altrettanto forte per simili
considerazioni e critiche (sulla tattica e sulla strategia islamiste) quanto lo è il Ramadan coi suoi significati e intenti. E “noi” (il Contro-Jihad) dovremmo cogliere l'occasione per ricordarci soprattutto come questo mese sia preparatorio per la raccolta delle tasse che sono destinate allo Jihad espansionistico, con le sue pericolose implicazioni.

mercoledì 18 giugno 2014

islam, religione di pace?

Alcune citazioni dal Corono aiutano a rispondere:

"Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggio dell'assassinio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Tale è la ricompensa degli infedeli'' (II, 191)
''La ricompensa di coloro che fanno guerra a Dio e al Suo Messaggero e che seminano scandalo sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano amputati delle mani e delle gambe ai lati opposti e che siano esiliati: ecco l'ignominia che toccherà loro in questa vita; nell'altra vita avranno immenso castigo'' (V, 33)
''Quando poi saranno trascorsi i mesi sacri, uccidete gli idolatri ovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostateli ovunque in imboscate. Se poi si convertono e compiono la preghiera pagano la decima, lasciateli andare, perché Dio è indulgente e clemente (IX, 5)
''Combattete coloro che non credono in Dio e nell'Ultimo Giorno, che non vietano ciò che Dio e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la Gente del Libro (ebrei e cristiani, ndr), che non scelgono la religione della verità, finché non paghino, il tributo uno per uno, umiliati. Dicono gli ebrei: ''Esdra è figlio di Dio'' e i cristiani dicono: ''Il Messia è figlio di Dio'' Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di coloro che prima di loro furono infedeli. Dio li distrugga! Essi sono fuorviati'' (IX, 29-30)
''E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: ''Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli fra capo e collo, colpiteli sulle falangi! E ciò avvenne perché si erano separati da Dio e dal Suo Messaggero''. Dio è severo nel castigo con chi si separa da Lui e dal Suo Messaggero! Assaggiate questo! I miscredenti avranno il castigo del fuoco! O credenti, quando incontrate gli infedeli in ordine di battaglia, non volgete loro le spalle. Chi quel giorno volgerà loro le spalle - eccetto il caso di stratagemma per meglio combattere o per raggiungere un altro gruppo - incorrerà nell'ira di Dio e il suo rifugio sarà l'inferno. Quale triste rifugio! Non voi li avete uccisi. Dio li ha uccisi'' (VIII, 12-17)
''Coloro che credono combattono per la causa di Dio, mentre i miscredenti combattono per la causa degli idoli. Combattete gli alleati di Satana. Deboli sono le astuzie di Satana'' (IV, 76)
''O credenti, non sceglietevi per alleati ebrei e cristiani, sono alleati gli uni degli altri, e chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Dio non ama il popolo degli ingiusti'' ( V, 51)
''Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Dio. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici né alleati'' (IV, 89)
''Quanto a chi rinnega Dio dopo aver creduto - eccetto che ne sia costretto, mantenendo serenamente la fede in cuore - e a chi si lascia entrare la miscredenza nel petto; su di loro è la collera di Dio e avranno un castigo terribile '' (XVI, 106)
''Potrebbe mai Dio guidare sulla retta via genti che rinnegano dopo aver creduto e testimoniato che il Messaggero è veridico dopo averne avuto le prove? Dio non guida coloro che prevaricano. Loro ricompensa sarà la maledizione di Dio, degli angeli e di tutti gli uomini'' (III, 86-87)
''Decretammo nella scrittura, contro i figli di Israele: ''Per due volte porterete la corruzione sulla terra e sarete manifestamente superbi''. Quando si realizzò la prima mandammo contro di voi servi nostri, di implacabile valore, che penetrarono nelle vostre contrade: la promessa è stata mantenuta. Vi demmo quindi il sopravvento su di loro e vi corroborammo con ricchezze e progenie e facemmo di voi un popolo numeroso. Se fate il bene, lo fate a voi stessi; se fate il male, è a voi stessi che lo fate. Quando si realizzò l'ultima promessa i vostri volti furono oscurati ed essi entrarono nel tempio come già erano entrati e distrussero completamente quello che avevano conquistato. Forse il vostro Signore vi userà misericordia, ma se persisterete, persisteremo. Abbiamo fatto dell'inferno una prigione per i miscredenti'' (XVII, 4-7)

La strada del dialogo non è impossibile, ma è certamente in ripida salita.

martedì 17 giugno 2014

una bella testimonianza: Cristo usa anche della malattia

LETTERA DI UN SACERDOTE MALATO AD UN AMICO
"Carissimo ...., approfitto dell'occasione, per mandarti il mio tentativo di raccontarti qualcosa di quello che Gesù mi sta donando in questi mesi.
"Forse non è inutile ricordarci che, nella vita di chi Egli chiama, Dio non permette che accada qualche cosa, se non per la maturità, se non per una maturazione di coloro che Egli ha chiamati. Questo vale innanzitutto per la vita della persona, ma ultimamente e più profondamente per la vita della sua Chiesa, perciò, analogamente, per la vita di ogni comunità, si chiami essa famiglia o comunità ecclesiale, in senso più lato. Dio non permette mai che accada qualche cosa, se non per una nostra maturità, per una nostra maturazione."
(don Giussani, 1972)
Quante volte ho ripetuto questa frase agli altri, ma senza mai sperimentarne veramente la portata per me! Da quando ho saputo di avere 2 tumori ai polmoni, dopo un primo istinto di paura, questa frase mi è balzata subito davanti e mi é nata la domanda, anzi la curiosità di vedere in che cosa consisteva questa maturità per me; ero certo che Gesù mi stava preparando dei doni più grandi che poi, col tempo, avrei visto.
La cosa straordinaria invece che mi è accaduta è che ho incominciato a vedere - subito - ciò che mai avrei immaginato! La prima sorpresa è stata su di me: mi è capitato di essere più attratto dal cercare Gesù per vedere come mi voleva mostrare la Sua preferenza per me, che non il dolore terribile che la metastasi ossea mi procurava!
E poi, da subito, ho incominciato ad assistere, stupito e sorpreso, ad una serie di fatti semplici e straordinari allo stesso tempo: gente lontana da Dio che pregava per me! Uno che non vedevo da 20 anni che mi dice: "Sai, ho saputo... Sono molti anni ormai che non ho più un rapporto con Dio, quindi ho perso l'abitudine di pregare. Per te però lo farò di cuore". Una mobilitazione di amici e soprattutto di gente sconosciuta, del popolo (perfino delle altre 3 Parrocchie del mio paese), che si e' messa a pregare per me!
Mai mi ero accorto che ero così importante per tanti! L'ho capito quando una parrocchiana mi ha detto: "Essere voluta bene da lei è come essere voluta bene da qualcosa che è più grande di me e di lei. Non so esattamente come accade, so solo che è qualcosa che per la prima volta nella mia vita, mi rende immensamente felice!"
Quindi valgo per quello che porto! Anche se mi sento uno "straccio", sono lo "straccio di Dio"!
E così, ogni giorno, più non riuscivo a fare niente e più accadevano dei fatti che mi riempivano di stupore e di domanda: ma che cosa sta succedendo?
Durante tutta la mia vita di Prete ho fatto di tutto per essere incisivo, bravo, produttivo (nella pastorale), ma c'era sempre qualcosa che mancava!
Adesso, che non faccio niente, guarda cosa succede!
Non posso fare niente, ma non mi manca niente!
Quello che accade a me e attorno a me mi riempie così tanto che mi viene solo il desiderio di conoscerLo e di starGli più vicino.
Chi sei Tu che mi stai riempiendo proprio adesso che sono niente?
Allora ho scoperto che Gesù vuole aver bisogno del mio NIENTE per poter, finalmente agire Lui!
Ora sto sperimentando come è più conveniente per me e anche molto più incisivo pastoralmente, quello che tu ci hai sempre ripetuto fin dall’inizio: stare attenti a quello che mi accade e seguirlo con stupore e gratitudine. Questo ho capito che è l’essenziale: Gesù che si fa incontro a me e a tanti suoi figli, anche attraverso di me, per trasmettermi il Suo Amore e questa ostinata Preferenza!
E così ora posso dire che: "Non ho mai fatto il Prete come adesso, che non riesco a fare il Prete" (spesso non riesco neanche a dire la Messa, confessare). Mi viene in mente sempre S. Paolo: "Quando sono debole, è allora che sono forte".
Un giorno ero proprio schiacciato dalla mia debolezza e mi trascinavo in Chiesa cercando di fare qualcosa! Si avvicina una Signora e mi dice: " grazie, don..., lei proprio quando è così mi aiuta tantissimo!"
Insomma, la domanda che ha aperto gli Esercizi quest'anno: che cos'è l'essenziale? Lo sto scoprendo istante dopo istante nel guardare la mossa che prende Lui per venirmi incontro! Tutto il resto non mi interessa; persino del tumore, mi interessa guarire certo, purché non torni come prima, cioè sempre un po' insoddisfatto!
Insomma mi sono sorpreso a ringraziare Gesù perché ha permesso che mi venissero i tumori!
L'altra cosa straordinaria che ho scoperto da poco è l’altra frase del Giuss che ci hai richiamato tante volte e che anch'io ho detto, sempre agli altri: "non chiedete il miracolo, ma chiedete di fare un cammino". Mi sono accorto ultimamente che invece io stavo aspettando solo il miracolo della guarigione, e così dopo, appunto, tornare come prima!
Il mio più caro amico, don..., mi ha detto subito: "guarda che Gesù ti sta dando una nuova vocazione!"
Per questo, mai come ora ho bisogno di te, del Movimento, degli amici; ma nel senso che ho bisogno di seguirvi di più per imparare come fai tu a dire il tuo sì a Cristo: questa è la cosa che mi aiuta di più, perché la lotta continua e non so che cosa mi chiede oggi e poi domani...e poi Gesù.
Io ho solo bisogno di essere pronto a coglierLo e a rispondere; a dire il mio Sì, ma come l'ha detto la Madonna; come l'ha detto don Giussani.
Grazie ...., grazie amici tutti, perché siete quelli che mi vogliono veramente bene: voi - ne sono certo - volete che io obbedisca alla Volontà di Dio, che è la mia felicità.
don...."

Viganò reinterpreta il Vangelo

 il nuovo Vangelo di Viganò: “il Mio Regno è di questo mondo” Ho appena finito di leggere una lunga nota di mons.Viganò , in cui egli acc...