martedì 27 agosto 2013

Mancuso e il dialogo inter-religioso

Riportiamo questo interessante contributo di Mancuso, dalle cui conclusioni parzialmente dissentiamo (ma lo spiegheremo in un successivo post):
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Dialogo tra le religioni
IL NODO TEORETICO: O DIALOGO O ANNUNCIO (Mancuso)
Teoreticamente parlando, la questione consiste nello scontro tra queste due posizioni:

- quella di chi pone al vertice il dialogo, perché non ritiene di possedere la pienezza della verità e quindi vuole sinceramente ascoltare i risultati della ricerca altrui;
- quella di chi pone al vertice l’annuncio, perché ritiene di possedere già la pienezza della verità (la “verità assoluta” su cui la Dominus Jesus insiste ripetutamente) e quindi si dispone verso gli altri per convertirli.

Tutti sanno che il motore del cattolicesimo tradizionale è del secondo tipo, è l’annuncio finalizzato alla conversione. Più in particolare, l’impostazione è la seguente:

- il cattolico conosce la verità, che a lui viene insegnata dalla Chiesa;
- la Chiesa ha ricevuto la verità dagli Apostoli e la trasmette ininterrottamente dando vita alla tradizione apostolica;
- gli Apostoli hanno ricevuto la verità da Cristo che è della stessa sostanza del Padre ed è quindi la verità in sé e per sé.

Ne viene che il cattolico conosce la verità assoluta e deve annunciarla agli altri perché si convertano e si salvino. L’intera struttura della Chiesa Cattolica continua a basarsi su questa impostazione. Da essa consegue una precisa concezione della verità espressa da questo semplice sillogismo:

- verità = Cristo;
- Cristo = dottrina insegnata dalla Chiesa Cattolica;
- verità = dottrina cattolica.

Questa concezione di verità ha portato i cattolici a ritenere che dalle altre tradizioni spirituali non vi sia nulla da imparare riguardo alla concezione della salvezza, della spiritualità, della preghiera, dell’uomo, della natura e soprattutto di Dio. Ed è sempre questa concezione che ha portato a bollare come eretici i cristiani che la pensavano diversamente in materia di fede e di morale, e a trattarli in modo, diciamo così, “poco dialogico”. Dietro questa visione vi è la rigidità di chi ritiene che in ordine a Dio e al rapporto con lui nella sua religione vi sia tutto, e nelle altre religioni niente, o nel migliore dei casi frammenti della verità, la quale però nella sua pienezza è solo nella sua religione, secondo un atteggiamento mentale che ricorda una specie di sindrome da primi della classe.
Da qui discende anche una visione della fede che colloca nella dottrina l’elemento principale, identificando l’essere cattolico con l’accettazione obbediente di tutte le proposizioni trasmesse dalla Chiesa, tradizionalmente denominate “articoli di fede” (da cui la massima: Catholicus non est qui a Romana ecclesia in fidei doctrina discordat).
Io però non penso che il cristianesimo consista nella professione di dottrine, mi pare che il messaggio del Vangelo dica un’altra cosa. Eccoci quindi al problema per eccellenza del cristianesimo, cioè alla domanda su che cosa significhi oggi essere discepolo di Gesù. (da "Obbedienza e libertà").
Questo è il pensiero di Mancuso, molto vicino a Carlo Molari. Vi apporremo delle nostre riflessioni critiche prossimamente.

lunedì 26 agosto 2013

Messaggio, 25. agosto 2013

"Cari figli! Anche oggi l’Altissimo mi dona la grazia di essere con voi e di guidarvi verso la conversione. Giorno dopo giorno Io semino e vi invito alla conversione perché siate preghiera, pace, amore e grano che morendo genera il centuplo. Non desidero che voi, cari figli, abbiate a pentirvi per tutto ciò che potevate fare e che non l’avete voluto. Perciò, figlioli, di nuovo con entusiasmo dite: “ Desidero essere segno per gli altri”. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

lunedì 19 agosto 2013

stampa cattolica

Non parliamo di tutta la stampa cattolica, ma di quella legata al Movimento di CL.
C'era una volta Il Sabato, grande esperienza editoriale, battagliera, forse troppo, ma per molti aspetti pionieristica. Poi venne Trenta Giorni. E infine Tempi.
Vorrei soffermarmi sulla differenza, a mio avviso, notevole, che c'è tra il Sabato e Tempi. Il Sabato era a) l'espressione di tutto il Movimento, in tutte le sue sfumature e "anime", dalla "destra" alla "sinistra", ed era b) aperto anche al contributo di non-cattolici (come radicali e missini: Jannuzzi e Accame).
In questo senso il Sabato rispecchiava la grande apertura umana di don Giussani, decisamente alieno dal clericalismo e pronto a valorizzare l'umano ovunque si manifesti, fosse pure in un ateo, come Leopardi o Pasolini.

Tempi invece nasce con un orizzonte decisamente più ristretto: non rispecchia tutto il Movimento, ma la sua componente più "di destra", anzi ormai finisce con l'essere un settimanale in cui si fondono l'ala, per così dire, ciellino-conservatrice e Alleanza cattolica. Conseguentemente Tempi non ha l'apertura che il Sabato aveva per i non-cattolici. Non che non li ospiti mai, ma i loro interventi devono essere rigorosamente in linea con le direttive del direttore.

Solo che, in assenza di alternative, anche per la chiusura di 30 Giorni, che era molto più "di centro" che "di destra" e non risparmiava stoccate polemiche contro i "cristianisti", una parte notevole del popolo ciellino finisce col prendere Tempi per il naturale prolungamento, settimanale e quotidiano, di Tracce, la rivista ufficiale di CL. Non accorgendosi che le due testate hanno ben diversa autorevolezza e affidabilità. E infatti non sempre convergono: lo si è visto in occasione delle ultime politiche, allorché Carron diceva una cosa, e Tempi (con Simone) un'altra.
Tra l'altro sta accadendo anche un altro, collegato, fenomeno: che, anche grazie a Tempi, una parte non irrilevante del popolo ciellino, sta "seguendo" come una fonte autorevole e totalmente affidabile un sito web "consigliato" da Tempi, la (nuova) bussola quotidiana, che è (prevalentemente) guidata da non-ciellini (Alleanza Cattolica e Opus Dei).

Mi auguro che chi vuole seguire don Giussani/Carron riprenda a riferirsi anzitutto e soprattutto ai comunicati ufficiali di CL e a Tracce, in cui scorre purissima l'acqua sorgiva del carisma. Altre fonti possono invece mescolare, con l'acqua, anche scorie non ben depurate.

domenica 11 agosto 2013

proporzionalità inversa?

Esiste una proporzionalità inversa tra la sottolineatura della bontà e bellezza della famiglia "tradizionale" e la accettazione del fatto che esistano omosessuali?
Per rispondere bisogna determinare che cosa sia l'omosessualità a) se essa è qualcosa di liberamente scelto (potenzialmente sceglibile da tutti), o b) una condizione in cui alcuni si trovano.

a) Nel primo caso, essendo frutto di una scelta totalmente arbitraria, l'o. è potenzialmente sceglibile, per così dire, da tutti, e il fatto di scelglierla è questione di adesione a una propaganda, alla propaganda omosesssualista; se le cose stanno così allora c'è una proporzionalità inversa tra esaltazione della famiglia eterosessuale, tradizionale e accettazione dell'omosessualità. Allora ogni volta che uno parla bene della famiglia tradizionale, attacca e condanna gli omosessuali.

b) Nel secondo caso l'omosessualità non è qualcosa che uno sceglie, arbitrariamente, ma qualcosa che uno si trova addosso, volente o nolente; in questo senso non c'è da temere una diffusione incontrollata dell'o., non ci può essere un contagio, non è cioè che persone che altrimenti sarebbero eterosessuali (e metterebbero su famiglia in modo tradizionale) possano essere "convertiti" all'omosessualità da una propaganda "omosessualista" (l'omosessualismo). In questo senso non c'è proporzionalità inversa tra esaltazione della famiglia tradizionale (e della normalità eterosessuale) e accettazione del fatto che esista una esigua e non (indefinitamente) aumentabile minoranza, che è, non per sua scelta, "diversamente orientata". Non c'è proporzionalità inversa più di quanta non ce ne sia tra l'esaltazione della bellezza del creato visibile, tra esaltazione della bontà della vista e comprensiva, amorevole accettazione dei ciechi: non è che se esalto la bontà della vista, devo attaccare e disprezzare i ciechi. In questo senso parlare di omosessualismo ha lo stesso senso che parlare di ciechismo: come se i ciechi fossero coloro che aderiscono all'ideologia ciechista, il ciechismo (o orbismo, se preferite).

Abbiamo già ricordato cosa dice il Catechismo: questo è quello che, magari sbaglieremo, ci sembra essere giusto.

mercoledì 7 agosto 2013

legge sull'omofobia: fermarla o correggerla?

Ci sono due posizioni nel mondo cattolico verso la legge sull'omofobia: quella di chi vuole correggerla, e quella di chi vuole fermarla.
Per i primi è giusto tutelare le persone omosessuali dalla violenza, verbale o fisica, diciamo sinteticamente da vessazioni, senza con ciò impedire la criticabilità del comportamento (volontario) omosessuale e quindi la libertà di espressione , per esempio,della Chiesa. In sintesi: sì alla criticabilità (del comportamento, volontario), no alla vessabilità (delle persone omosessuali).
Per i secondi invece è inconcepibile  il concetto stesso di limitazione delle vessazioni verso le persone omosessuali, per cui una legge contro l'omofobia è intrinsecamente, per definizione, a priori "inemendabile".

Abbiamo il sospetto che ci sia un presupposto, magari inconscio e inconfessato, di questa seconda posizione, ossia che in fondo sia giusto che le persone omosessuali siano vessate, perché solo così potranno emendarsi dal vizio: attraverso una sofferenza purificatrice si raddrizzeranno e tutto d'un tratto, come per magia, voilà: da omosessuali diventeranno eterosessuali. Insomma: picchiare per raddrizzare. E' chiaro che se uno pensa questo, non vuole che si fermi la mano dei picchiatori.
E' opportuno soffermarsi un attimo su questa impostazione, per verificarne la corrispondenza o meno con le esigenze del Cristianesimo. Abbiamo il sospetto che in questi cattolici si sia operato un sottile slittamento semantico riguardo a una delle sette opere di misericordia spirituale: laddove c'è scritto "ammonire i peccatori", loro leggono "vessare i peccatori" (almeno quei peccatori che sono gli omosessuali). Tra parentesi, non neghiamo che ammonire possa anche fare un po' male, ma non mandare in traumatologia. Chiediamoci: è corretto questo slittamento?

Leggiamo quello che dice il (nuovo) Catechismo della Chiesa cattolica. Le persone omosessuali "devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione." (2358).

Perché allora questi cattolici ritengono giusto "menare" un po' i "diversi"? Perché pensano che la omosessualità sia essenzialmente qualcosa che uno sceglie, che uno liberamente vuole. Se uno liberamente ha scelto di fare l'omosessuale, una bella legnata e via, ecco che lo si spinge a non volerlo più.
Ma anche qui leggiamo quello che dice il (nuovo) Catechismo della Chiesa cattolica: "Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate." (2358) . Che cosa significa "profondamente radicate"? Anche dal contesto si evince con evidenza che questa espressione equivale a "insuperabili"; infatti per tali persone la soluzione che viene proposta dal Catechismo non è il matrimonio, ma la castità: perché se non perché tali persone non possono realizzarsi eterosessualmente, cioè con un matrimonio eterosessuale?
Dunque anche qui questi cattolici sono in dissonanza dal Magistero della Chiesa, che riconosce che "un numero non trascurabile" di persone non "sceglie di essere", ma "è", insuperabilmente, orientato in modo "diverso". Inutile dunque vessarli, sperando di riorientarli.

un'obiezione

Capiamo l'obiezione dei meno rozzi: noi non vogliamo la legge sull'omofobia, per quanto emendata e riformulata, non perché ci faccia sottilmente piacere che i gay siano vessati, per una inconscia "prepotenza da maggioranza", ma perché la riteniamo inutile. Infatti già le attuali norme tutelano gli omosessuali, come tutelano chiunque, dalla violenza.
E qui dobbiamo fare un esperimento mentale (espressione familiare a chi conosce la filosofia analitica). Supponiamo, per assurdo, che un domani si formi una corrente ideologica che odia i mancini, promuove discriminazioni nei loro confronti e anche violenze, verbali e fisiche, e riesca a creare un clima molto pesante per i mancini, che sono spinti a nascondere la loro "mancinità" per paura di essere vessati. Immaginiamo un mancino che si trovi in due situazioni: a) nella prima gli viene dato un pugno mentre si trova in strada, e lui ha la certezza che questa violenza non ha niente a che fare con il suo essere mancino, ma si tratta di uno squilibrato che ce l'ha col mondo e se l'è presa con lui solo come un anonimo rappresentante del genere umano;  b) nella seconda situazione il nostro mancino invece viene, non colpito con un pugno, ma raggiunto, mentre cammina in strada, da un epiteto ingiurioso, che lo bolla gridandogli un nomignolo con cui la nuova corrente ideologica anti-mancini esprime tutto il suo disprezzo e il suo odio verso i mancini. Secondo voi quale sarà della due esperienze, quella più difficile da sopportare, quella che causa nell'animo di quel mancino più rabbia e amarezza? E' ovvio: la seconda, anche se un pugno fa fisicamente più male di un insulto. Perché quello che conta è che sia stato preso di mira non in quanto (anonimo) essere umano, ma in quanto mancino, cioè come un "diverso", come uno che appartiene a una minoranza continuamente esposta a vessazioni. Questo è ciò che lo esaspera, non il dolore ai muscoli facciali e alla mandibola.
Facciamo un altro esempio: un educatore ha un gruppo di ragazzi, di cui uno è down e un altro un violento. Sarà giusto dare la stessa punizione al ragazzo violento allorché colpisce con un pugno il ragazzo down e un ragazzo qualsiasi? Non sarà più giusto punire più severamente il suo aver colpito il ragazzo down, accertato che si sia che il motivo del suo dargli un pugno sia proprio la volontà di colpirlo perché down, in quanto down?
Così, qualsiasi tipo di minoranza costituita da un fattore involontario (persone down, persone di colore, persone omosessuali) deve essere tutelata non in modo generico, ma in modo speciale. Perché non genericamente, ma specialmente è esposta alla violenza, è vessabile, è vulnerabile.

concludendo

Allora noi pensiamo che vada bene qualsiasi legge contro l'omofobia? Certamente no. Bisogna che essa lasci criticabile il comportamento omosessuale (in quanto ha di volontario). Magari esemplificando che frasi come "la natura umana esiste", "la differenza sessuale è buona e naturale", "solo l'eterosessualità è naturale"  non costituiscono "incitamento all'odio" e non potranno perciò essere censurate.

martedì 6 agosto 2013

Radio Maria

Vorrei condividere delle riflessioni su questa importante emittente, sulla sua natura dal punto di vista cristiano. In sintesi: è un opus umano o un opus divino, come lei stessa dice di sé ("è opera della Madonna")?
Mi ha sempre colpito da un lato, il fatto che tale radio viva senza pubblicità, e solo grazie ai contributi volontari degli ascoltatori. Ciò sembra avvalorare l'ipotesi di un opus Dei.
D'altro lato ci sono dei limiti nei contenuti trasmessi da questa radio: accanto a programmi interessanti anche dal pdv umano, ce ne sono altri un po' pesantucci, o almeno io li percepisco tali. Il cuore di radio Maria sono probabilmente le catechesi di p. Livio del venerdì sera, e in misura minore il commento alla stampa, sempre di p.Livio.

Vorrei soffermarmi allora proprio sulla impostazione di p.Livio. La sua ortodossia, limpida e cristallina, è fuori discussione: quando parla del dogma non dice niente di sbagliato. Anche in ciò, forse soprattutto in ciò, sta il carisma di radio Maria, il suo essere in qualche modo paragonabile a un movimento ecclesiale. Tuttavia se p.Livio non dice niente di dogmaticamente sbagliato, egli non dice tutto ciò che sarebbe pedagogicamente utile a una educazione alla fede.
Che cosa vogliamo dire? P.Livio dice correttamente che l'uomo non si salva solo con le sue forze, e che Dio è indefinitamente misericordioso verso ogni nostro errore, e ci risolleva ogni volta che cadiamo. In questo senso egli non è moralista.
Tuttavia egli presenta la vita cristiana essenzialmente come applicazione di una legge (morale): manca in lui la dimensione della vita cristiana come avventura, come buona avventura, come incontro con una realtà che è sempre più grande dei nostri schemi. E in questo senso un po' di moralismo uno ce lo potrebbe anche vedere, o almeno una certa riduzione della fede. Don Giussani leggeva e valorizzava anche autori atei come Leopardi, o Pascoli, o Pasolini, o Nietzsche. P.Livio non lo farebbe mai. Solo cattolici D.O.C., e questo è un impoverimento, una riduzione.

Che dire allora: opus Dei o opus hominis? Probabilmente un po' l'uno e un po' l'altro. Radio Maria nasce per interessamento della Madre di Dio, come per intervento di Dio sono nati Cl, i focolarini, i pentecostali, ecc. Ma l'iniziativa di Dio si impatta poi con limite dell'umano. Non c'è da scandalizzarsi: è sempre così, se la stessa Bibbia è da un lato parola di Dio, ma dall'altro opera di autori umani coi limiti del loro tempo e del loro temperamento: a differenza di quello che pensano i maomettani del Corano, che cioè sia stato dettato da Dio, i cristiani pensdano che la Bibbia sia stata non dettata, ma ispirata da Dio.
Aggiungo che io trovo molto più trasparente l'intervento di Dio in CL che in Radio Maria, senza nulla togliere al bene che anche questa radio opera, soprattutto tra anziani e malati.

Viganò reinterpreta il Vangelo

 il nuovo Vangelo di Viganò: “il Mio Regno è di questo mondo” Ho appena finito di leggere una lunga nota di mons.Viganò , in cui egli acc...