martedì 31 dicembre 2013

consacrare a Maria una persona

Dice p.Amorth: "Molte persone mi chiedono come fare per consacrare i propri figli o le persone a loro care al Cuore Immacolato di Maria.

A questo proposito, qualche tempo fa, condivisi una preghiera di consacrazione da recitare anche all’insaputa di coloro per cui desideriamo applicarla.

L’unica cosa che si richiede è la Fede, la certezza che la Vergine Maria, attraverso questa semplice preghiera, metterà un muro tra la persona che amiamo e il maligno.

Tutte le frecce appuntite di Satana si infrangeranno in questo Cuore di Madre. Se poi l’anima che la recita vive in stato di Grazia allora davvero si sprigionerà una potenza tale che, prima o poi, riporterà l’anima che è stata consacrata ad una vita in Dio.

Ecco la preghiera:

O Cuore Immacolato di Maria, ardente di bontà, io desidero consacrare (e qui si dice il nome della persona) al tuo Cuore Immacolato. Mostra il tuo amore verso di lui difendendolo dagli attacchi del maligno. La fiamma del tuo amore, o Maria, lo avvolga e lo preservi dalla dannazione eterna. Noi ti amiamo tanto, accetta questo amore in riparazione alle offese che (dire il nome) ti procura. Imprimi nel cuore di (nome) un amore grande, infinito, ardente verso Gesù. Fa’ che il suo cuore abbia un continuo desiderio di te. Donagli, per mezzo del tuo Cuore Immacolato, la salute spirituale. Fa’ che il suo sguardo non sia più verso il male ma verso il bene. O Maria, Vergine Immacolata, accogli questa consacrazione e imprimila nel tuo cuore e nel cuore di (nome), affinchè satana non possa più nuocergli. Grazie Madre, perchè tu sempre ascolti il grido del povero che invoca aiuto, e grazie a Gesù per averti mandata tra noi. Amen."

mercoledì 25 dicembre 2013

Messaggio, 25 dicembre 2013

"Cari figli! Vi porto il Re della pace perché Lui vi dia la Sua pace. Voi, figlioli, pregate, pregate, pregate. Il frutto della preghiera si vedrà sui volti delle persone che si sono decise per Dio e per il Suo Regno. Io con il mio figlio Gesù vi benedico tutti con la benedizione della pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

domenica 22 dicembre 2013

l'ultrafondamentalismo

Quando, una decina di anni fa  una mia alunna mi parò di "due, opposti, fondamentalismi", quello mussulmano e quello cristiano, io rimasi indignato: mi sembrava che ci fosse un solo fondamentalismo, quello islamico. Oggi devo ammettere che l'idea che esista un fondamentalismo cristiano, anzi anche un ultrafondamentalismo, mi appare del tutto plausibile: esiste, purtroppo. Certo non è "della Chiesa", ma è di certi cristiani; tuttavia questi cristiani riescono a piazzarsi bene sui media, soprattutto sul web e pretendono di rappresentare, se non la Chiesa, almeno la vera Chiesa.
Che cosa è il fondamentalismo? E' una impostazione del rapporto fede/ragione che soffoca la ragione, per cui un fondamentalista è intollerante verso chi non la pensa come lui, in quanto non essendo abituato a ragionare (la sua è una fede, o meglio una credenza, cieca) non è capace di dialogare; perciò insulta, è nervosissimo, intrattabile, spesso attribuisce all'interlocutore, che per lui è "il nemico", tesi che mai questi ha formulato, applicando al pensiero di questi una mostruosa maschera deformante.
Perché parliamo anche di "ultra-fondamentalismo"? Per indicare a) una accentuazione, una intensificazione del fondamentalismo b) che ha altresì come fattore specifico la volontà di imporsi, anche violentemente, a livello sociale, pubblico, collettivo. Un ultrafondamentalista non rifugge l'idea di una dittatura fondamentalista, non scarta l'idea di un colpo di stato che metta finalmente le cose a posto, è insofferente alla democrazia, con i suoi inevitabili risvolti di soggettivismo relativistico e accarezza volentieri il sogno di un nuovo mondo, dove la verità, la sua verità, sia imposta a tutti, senza troppo complimenti.

Oggi l'ultrafondamentalismo "cattolico" ha come punta di diamante il "sedevacantismo", il delirio secondo cui l'attuale papa Francesco I sarebbe un abusivo,  illegittimo perché eretico e la sede pontificia dunque sarebbe vacante (così Radio Spada al seguito di un certo reverendo "fatimita", una setta che sostiene che non sarebbero stati svelati tutti i misteri di Fatima, non, in particolare, quello che riguarderebbe appunto il "papa eretico"). Ma senza arrivare a tale delirio esso si manifesta anche nel prurito fastidioso che assale molti "cattolici" ultraconservatori verso papa Francesco, si veda ad esempio le esternazioni di Palmaro e Gnocchi e di altri su Il Foglio. I più moderati tra i fondamentalisti invece scelgono un'altra strada: invece di contestare il Papa, si arrampicano sui vetri per annacquare il suo richiamo, in uno sforzo immane, ciclopico di negare la parte di novità che esso indubbiamente ha in sé.
Intendiamoci: tra gli ultimi papi, anzi tra tutti i papi del Novecento e del nuovo secolo, c'è una prevalente continuità, tutti essendo sinceramente credenti, perfettamente ortodossi e cordialmente appassionati alla Presenza di Cristo. Però, accanto alle somiglianze, ci sono anche delle differenze: Paolo VI non è Giovanni XXIII, e Francesco I non è Benedetto XVI: ci sono differenze di temperamento, ma anche di formazione, di impostazione teologica, di sensibilità "politica" (in senso lato, ovviamente). Perché nasconderlo? Perché passare come un rullo compressore sulle differenze? Queste non vanno né enfatizzate, né negate. Se il Papa dice qualcosa di nuovo, su un certo tema, o se tace laddove altri avrebbero parlato con energia, qualcosa da imparare c'è: occorre mettersi in movimento per seguirlo.

Qual è la radice esistenziale dell'ultrafondamentalismo? Ci sembra che essa vada cercata nella solitudine personale, nella assenza di una autentica esperienza del Cristianesimo come incontro, come avvenimento. facilmente si dà anche una educazione familiare molto rigida, che non è stata criticamente assimilata, per cui uno continua a seguire un diktat non verificato e si inquieta se qualcuno lo mette in discussione, si sente minacciato nel profondo del suo, in realtà precario, equilibrio psichico.

In questo senso, come origine, l'ultrafondamentalista ispira più compassione che altro. Ma, nei suoi effetti, si tratta di qualcosa di pericoloso. Infatti, nella misura in cui il fenomeno è diffuso e tende ad accreditarsi come "autenticamente cattolico", come l'autentico cattolicesimo, l'ultrafondamentalismo contribuisce in maniera potente a rendere odiosa la Chiesa e il cristianesimo, generando quello che noi chiamiamo l'odio evitabile (distinto da quello "inevitabile", predetto da Gesù). Il che spiega poi perché il fenomeno dei cristiani massacrati e perseguitati in tante parti del mondo lasci indifferente tanta parte dell'opinione pubblica occidentale.

Occorre perciò pregare, e quanto possibile agire per arginare la piaga dell'ultrafondamentalismo. Perché tutti partiamo sempre più e solo dall'esperienza,  e sempre meno da idolatrati a-priori ideologici.

martedì 3 dicembre 2013

Messaggio, 02. dicembre 2013

"Cari figli, con materno amore e materna pazienza guardo il vostro continuo vagare ed il vostro smarrimento. Per questo sono con voi. Desidero anzitutto aiutarvi a trovare e conoscere voi stessi, affinché poi possiate capire e riconoscere tutto ciò che non vi permette di conoscere sinceramente e con tutto il cuore l’amore del Padre Celeste. Figli miei, il Padre si conosce per mezzo della croce. Perciò non rifiutate la croce: col mio aiuto, cercate di comprenderla ed accoglierla. Quando sarete in grado di accettare la croce, capirete anche l’amore del Padre Celeste. Camminerete con mio Figlio e con me. Vi distinguerete da quelli che non hanno conosciuto l’amore del Padre Celeste, da quelli che lo ascoltano ma non lo comprendono, non camminano con lui, non l’hanno conosciuto. Io desidero che voi conosciate la verità di mio Figlio e siate miei apostoli; che, come figli di Dio, vi eleviate al di sopra del pensiero umano e sempre e in tutto cerchiate nuovamente il pensiero di Dio. Figli miei, pregate e digiunate per poter comprendere tutto quello che vi chiedo. Pregate per i vostri pastori e bramate di conoscere, in comunione con loro, l’amore del Padre Celeste. Vi ringrazio."

lunedì 25 novembre 2013

Messaggio, 25. novembre 2013

"Cari figli! Oggi vi invito tutti alla preghiera. Aprite profondamente la porta del cuore, figlioli, alla preghiera, preghiera del cuore e allora l’Altissimo potrà operare nella vostra libertà e inizierà la vostra conversione. La fede diventerà forte così che potrete dire con tutto il cuore: ‘Mio Dio e mio tutto’. Comprenderete, figlioli, che qui sulla Terra tutto è passeggero. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

lunedì 11 novembre 2013

Medjugorje: cambia il giudizio della Santa Sede?

Il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede ha invitato i vescovi USA a non partecipare a riunioni che diano per scontata la verità delle apparizioni mariane a Medjugorje.
Il motivo? “Sulla base dell’indagine condotta, non è possibile stabilire se ci sono state apparizioni o rivelazioni soprannaturali”.

Ma, -citiamo- la missiva – secondo il Catholic World News – potrebbe avere un significato ben più profondo e anticipare quello che secondo alcuni potrebbe essere il giudizio definitivo riguardo Medjugorje: ovvero che non c'è mai stata nessuna apparizione della Madonna (ecco il passo"The strong disapproval of public appearances by the "seers" may indicate that the CDF anticipates that the final Vatican judgment on the authenticity of the Medjugorje apparitions will be negative").

Solo il tempo potrà dire dove stia la verità. Finora noi abbiamo sempre dato credito alle apparizioni mariane di Medjugorje. Speriamo di non esserci ingannati. E speriamo che la suprema autorità apostolica non sia tratta in inganno su questa delicata questione.
Certo, tra i veggenti e il Papa noi obbediremo al Papa. Se fosse quest'ultimo a sbagliarsi, vorrà dire che accadranno dei fatti (esteriori o interiori) tali che dovrà ricredersi. Ma è lui che seguiremo: Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam.

sabato 2 novembre 2013

Messaggio, 2 novembre 2013

"Cari figli, vi invito di nuovo maternamente ad amare, a pregare senza sosta per il dono dell’amore, ad amare il Padre Celeste al di sopra di tutto. Quando amerete Lui, amerete voi stessi ed il vostro prossimo. Queste realtà non possono essere separate. Il Padre Celeste è in ogni uomo, ama ogni uomo e chiama ogni uomo col proprio nome. Perciò, figli miei, attraverso la preghiera ascoltate la volontà del Padre Celeste. Parlate con Lui. Abbiate un rapporto personale col Padre, che renderà ancora più profondo  il rapporto tra voi, comunità dei miei figli, dei miei apostoli. Come Madre desidero che, attraverso l’amore verso il Padre Celeste, vi eleviate al di sopra della vanità di questa terra ed aiutiate gli altri a conoscere e ad avvicinarsi gradualmente al Padre Celeste. Figli miei, pregate, pregate, pregate per il dono dell’amore, perché l’amore è mio Figlio. Pregate per i vostri pastori, affinché abbiano sempre amore per voi, come l’ha avuto e l’ha mostrato mio Figlio dando la sua vita per la vostra salvezza. Vi ringrazio."

sabato 26 ottobre 2013

Messaggio, 25. ottobre 2013

"Cari figli! Oggi vi invito ad aprirvi alla preghiera. La preghiera opera miracoli in voi e attraverso di voi. Perciò figlioli, nella semplicità del cuore cercate dall’Altissimo che vi dia la forza di essere figli di Dio e che satana non vi agiti come il vento agita i rami. Decidetevi di nuovo, figlioli, per Dio e cercate soltanto la sua volontà e allora in Lui troverete gioia e pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

giovedì 26 settembre 2013

Messaggio, 25. settembre 2013

"Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera. Il vostro rapporto con la preghiera sia quotidiano. La preghiera opera miracoli in voi e attraverso di voi perciò figlioli la preghiera sia gioia per voi. Allora il vostro rapporto con la vita sarà più profondo e più aperto e comprenderete che la vita è un dono per ciascuno di voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

martedì 17 settembre 2013

legge sull'omofobia

Sulla legge contro l'#omofobia abbiamo già riassunto così la nostra posizione: no alla vessabilità (dell'errante), sì alla criticabilità (dell'errore).

1) No alla vessabilità, per così dire: quindi è giusta una legge contro la violenza omofoba (verbale e fisica).
A chi dice che basta già il codice penale vigente, obbietteremmo che dove esiste un problema specifico occorre una risposta specifica; se la vessazione delle persone "diverse" fosse dello stesso tipo (qualitativo e quantitativo) delle vessazioni che chiunque può subire, allora si tratterebbe di un problema stemperabile nel generico problema del rispetto della persona genericamente intesa. Qui invece c'è un problema specifico: le persone "diverse" sono esposte in modo speciale a vessazioni, hanno da temere di essere insultati, o picchiati o in casi estremi uccisi, in modo non paragonabile a quello di una persona "normale". Per questo: a problema specifico, risposta specifica. A minaccia generica, risposta generica (basta il codice); a minaccia speciale, risposta speciale.

2) Certo occorre una buona legga contro la violenza omofoba: che tuteli la libertà non di insulto, ma di critica. Questo giustamente va salvaguardato. Senza insultare le persone, si devono poter criticare gli atti. La Chiesa deve essere libera di continuare a dire che gli atti omosessuali sono contro natura e che la differenza sessuale è buona, voluta dal Creatore della natura (e oltretutto necessaria alla sopravvivenza del genere umano, il che non è poco).

Quanto alla bizzarra idea di #eterofobia, rimandiamo a questo post: http://cultura-cristiana.blogspot.it/2012/07/eterofobia.html.

venerdì 13 settembre 2013

la lettera di papa Francesco a Scalfari (11.9.2013)

Pregiatissimo Dottor Scalfari,
                                                  è con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere alla lettera che, dalle pagine di Repubblica, mi ha voluto indirizzare il 7 luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello stesso quotidiano il 7 agosto. La ringrazio, innanzi tutto, per l’attenzione con cui ha voluto leggere l’Enciclica Lumen fidei. Essa, infatti, nell’intenzione del mio amato Predecessore, Benedetto XVI, che l’ha concepita e in larga misura redatta, e dal quale, con gratitudine, l’ho ereditata, è diretta non solo a confermare nella fede in Gesù Cristo coloro che in essa già si riconoscono, ma anche a suscitare un dialogo sincero e rigoroso con chi, come Lei, si definisce «un non credente da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth». Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù. Penso vi siano, in particolare, due circostanze che rendono oggi doveroso e prezioso questo dialogo.
Esso, del resto, costituisce, come è noto, uno degli obiettivi principali del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII, e del ministero dei Papi che, ciascuno con la sua sensibilità e il suo apporto, da allora sino ad oggi hanno camminato nel solco tracciato dal Concilio. La prima circostanza — come si richiama nelle pagine iniziali dell’Enciclica — deriva dal fatto che, lungo i secoli della modernità, si è assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro. La seconda circostanza, per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede, deriva dal fatto che questo dialogo non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente: ne è invece un’espressione intima e indispensabile. Mi permetta di citarLe in proposito un’affermazione a mio avviso molto importante dell’Enciclica: poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore — vi si sottolinea — «risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti» (n. 34). È questo lo spirito che anima le parole che le scrivo.
La fede, per me, è nata dall’incontro con Gesù. Un incontro personale, che ha toccato il mio cuore e ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza. Ma al tempo stesso un incontro che è stato reso possibile dalla comunità di fede in cui ho vissuto e grazie a cui ho trovato l’accesso all’intelligenza della Sacra Scrittura, alla vita nuova che come acqua zampillante scaturisce da Gesù attraverso i Sacramenti, alla fraternità con tutti e al servizio dei poveri, immagine vera del Signore. Senza la Chiesa — mi creda — non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell’immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d’argilla della nostra umanità. Ora, è appunto a partire di qui, da questa personale esperienza di fede vissuta nella Chiesa, che mi trovo a mio agio nell’ascoltare le sue domande e nel cercare, insieme con Lei, le strade lungo le quali possiamo, forse, cominciare a fare un tratto di cammino insieme. Mi perdoni se non seguo passo passo le argomentazioni da Lei proposte nell’editoriale del 7 luglio. Mi sembra più fruttuoso — o se non altro mi è più congeniale — andare in certo modo al cuore delle sue considerazioni. Non entro neppure nella modalità espositiva seguita dall’Enciclica, in cui Lei ravvisa la mancanza di una sezione dedicata specificamente all’esperienza storica di Gesù di Nazareth.
Osservo soltanto, per cominciare, che un’analisi del genere non è secondaria. Si tratta infatti, seguendo del resto la logica che guida lo snodarsi dell’Enciclica, di fermare l’attenzione sul significato di ciò che Gesù ha detto e ha fatto e così, in definitiva, su ciò che Gesù è stato ed è per noi. Le Lettere di Paolo e il Vangelo di Giovanni, a cui si fa particolare riferimento nell’Enciclica, sono costruiti, infatti, sul solido fondamento del ministero messianico di Gesù di Nazareth giunto al suo culmine risolutivo nella pasqua di morte e risurrezione. Dunque, occorre confrontarsi con Gesù, direi, nella concretezza e ruvidezza della sua vicenda, così come ci è narrata soprattutto dal più antico dei Vangeli, quello di Marco. Si costata allora che lo «scandalo» che la parola e la prassi di Gesù provocano attorno a lui derivano dalla sua straordinaria «autorità»: una parola, questa, attestata fin dal Vangelo di Marco, ma che non è facile rendere bene in italiano. La parola greca è «exousia », che alla lettera rimanda a ciò che «proviene dall’essere» che si è. Non si tratta di qualcosa di esteriore o di forzato, dunque, ma di qualcosa che emana da dentro e che si impone da sé. Gesù in effetti colpisce, spiazza, innova a partire— egli stesso lo dice — dal suo rapporto con Dio, chiamato familiarmente Abbà, il quale gli consegna questa «autorità» perché egli la spenda a favore degli uomini. Così Gesù predica «come uno che ha autorità», guarisce, chiama i discepoli a seguirlo, perdona... cose tutte che, nell’Antico Testamento, sono di Dio e soltanto di Dio. La domanda che più volte ritorna nel Vangelo di Marco: «Chi è costui che...?», e che riguarda l’identità di Gesù, nasce dalla costatazione di una autorità diversa da quella del mondo, un’autorità che non è finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, ma a servirli, a dare loro libertà e pienezza di vita. E questo sino alpunto di mettere in gioco la propria stessa vita, sino a sperimentare l’incomprensione, il tradimento, il rifiuto, sino a essere condannato a morte, sino a piombare nello stato di abbandono sulla croce. Ma Gesù resta fedele a Dio, sino alla fine. Ed è proprio allora — come esclama il centurione romano ai piedi della croce, nel Vangelo di Marco — che Gesù si mostra, paradossalmente, come il Figlio di Dio! Figlio di un Dio che è amore e che vuole, con tutto se stesso, che l’uomo, ogni uomo, si scopra e viva anch’egli come suo vero figlio. Questo, per la fede cristiana, è certificato dal fatto che Gesù è risorto: non per riportare il trionfo su chi l’ha rifiutato, ma per attestare che l’amore di Dio è più forte della morte, il perdono di Dio è più forte di ogni peccato, e che vale la pena spendere la propria vita, sino in fondo, per testimoniare questo immenso dono.
La fede cristiana crede questo: che Gesù è il Figlio di Dio venuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell’amore. Ha perciò ragione, egregio Dott. Scalfari, quando vede nell’incarnazione del
Figlio di Dio il cardine della fede cristiana. Già Tertulliano scriveva «caro cardo salutis», la carne (di Cristo) è il cardine della salvezza. Perché l’incarnazione, cioè il fatto che il Figlio di Dio sia venuto nella nostra carne e abbia condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte della nostra esistenza, sino al grido della croce, vivendo ogni cosa nell’amore e nella fedeltà all’Abbà, testimonia l’incredibile amore che Dio ha per ogni uomo, il valore inestimabile che gli riconosce. Ognuno di noi, per questo, è chiamato a far suo lo sguardo e la scelta di amore di Gesù, a entrare nel suo modo di essere, di pensare e di agire. Questa è la fede, con tutte le espressioni che sono descritte puntualmente nell’Enciclica.
Sempre nell’editoriale del 7 luglio, Lei mi chiede inoltre come capire l’originalità della fede cristiana in quanto essa fa perno appunto sull’incarnazione del Figlio di Dio, rispetto ad altre fedi che gravitano invece attorno alla trascendenza assoluta di Dio. L’originalità, direi, sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al rapporto che Egli ha con Dio che è Abbà e, in questa luce, al rapporto che Egli ha con tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore. In altri termini, la figliolanza di Gesù, come ce la presenta la fede cristiana, non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri: ma per dirci che, in Lui, tutti siamo chiamati a essere figli dell’unico Padre e fratelli tra di noi. La singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione. Certo, da ciò consegue anche — e non è una piccola cosa — quella distinzione tra la sfera religiosa e la sfera politica che è sancita nel «dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare», affermata con nettezza da Gesù e su cui, faticosamente, si è costruita la storia dell’Occidente. La Chiesa, infatti, è chiamata a seminare il lievito e il sale del Vangelo, e cioè l’amore e la misericordia di Dio che raggiungono tutti gli uomini, additando la meta ultraterrena e definitiva del nostro destino, mentre alla società civile e politica tocca il compito arduo di articolare e incarnare nella giustizia e nella solidarietà, nel diritto e nella pace, una vita sempre più umana. Per chi vive la fede cristiana, ciò non significa fuga dal mondo o ricerca di qualsivoglia egemonia, ma servizio all’uomo, a tutto l’uomo e a tutti gli uomini, a partire dalle periferie della storia e tenendo desto il senso della speranza che spinge a operare il bene nonostante tutto e guardando sempre al di là.
Lei mi chiede anche, a conclusione del suo primo articolo, che cosa dire ai fratelli ebrei circa la promessa fatta loro da Dio: è essa del tutto andata a vuoto? È questo — mi creda — un interrogativo che ci interpella radicalmente, come cristiani, perché, con l’aiuto di Dio, soprattutto apartire dal Concilio Vaticano II, abbiamo riscoperto che il popolo ebreo è tuttora, per noi, la radice
santa da cui è germinato Gesù. Anch’io, nell’amicizia che ho coltivato lungo tutti questi anni con i fratelli ebrei, in Argentina, molte volte nella preghiera ho interrogato Dio, in modo particolare quando la mente andava al ricordo della terribile esperienza della Shoah. Quel che Le posso dire,con l’apostolo Paolo, è che mai è venuta meno la fedeltà di Dio all’alleanza stretta con Israele e che, attraverso le terribili prove di questi secoli, gli ebrei hanno conservato la loro fede in Dio. E di
questo, a loro, non saremo mai sufficientemente grati, come Chiesa, ma anche come umanità. Essi poi, proprio perseverando nella fede nel Dio dell’alleanza, richiamano tutti, anche noi cristiani, al fatto che siamo sempre in attesa, come dei pellegrini, del ritorno del Signore e che dunque sempre dobbiamo essere aperti verso di Lui e mai arroccarci in ciò che abbiamo già raggiunto.
Vengo così alle tre domande che mi pone nell’articolo del 7 agosto. Mi pare che, nelle prime due, ciò che Le sta a cuore è capire l’atteggiamento della Chiesa verso chi non condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che — ed è la cosa fondamentale — la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire.
In secondo luogo, mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità «assoluta», nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: «Io sono la via, la verità, la vita»? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione... assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio dire. Nell’ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma il rapporto è tra due realtà. Dio — questo è il mio pensiero e questa la mia esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! — non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la «R» maiuscola. Gesù ce lo rivela — e vive il rapporto con Lui — come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra — e per la fede cristiana, in ogni caso, questo mondo così come lo conosciamo è destinato a venir meno — , l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui. La Scrittura parla di «cieli nuovi e terra nuova» e afferma che, alla fine, nel dove e nel quando che è al di là di noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa, Dio sarà «tutto in tutti».
Egregio Dott. Scalfari, concludo così queste mie riflessioni, suscitate da quanto ha voluto comunicarmi e chiedermi. Le accolga come la risposta tentativa e provvisoria, ma sincera e fiduciosa, all’invito che vi ho scorto di fare un tratto di strada insieme. La Chiesa, mi creda, nonostante tutte le lentezze, le infedeltà, gli errori e i peccati che può aver commesso e può ancora commettere in coloro che la compongono, non ha altro senso e fine se non quello di vivere e testimoniare Gesù: Lui che è stato mandato dall’Abbà «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc4, 18-19).
Con fraterna vicinanzaFrancesco

giovedì 5 settembre 2013

complottismo, una malattia da cui bisognerebbe liberarsi

Il complottismo è una dispozione a vedere ovunque complotti, anche laddove essi non ci sono.
 Il caso storicamente più clamoroso di complottismo è quello del nazismo, che parlava del complotto demo-pluto-giudaico-massonico. Ma in qualche modo l'ossessione del complotto era propria anche del comunismo: quanti membri dello stesso partito comunista sovietico vennero accusati di essere emissari della reazione internazionale.
 E c'è stato e c'è anche un complottismo cristiano, soprattutto in età moderna, quando la società è andata in una direzione sempre più antropocentrica e tendenzialmente antireligiosa.
 Che cosa hanno fatto molti cristiani? Invece di chiedersi quali loro precedenti colpe motivassero eventualmente tale deriva, hanno pensato a un complotto. Così, ad esempio, la massoneria (ma non solo lei) è stata bersagliata come la centrale del complotto anticristiano.
 Perché si è affermato l'eliocentrismo? Per via di un complotto eliocentrista. Perché si è affermato l'evoluzionismo? Per via del complotto delle potenti lobbies evoluzionistiche. Perché si è affermata la democrazia? A causa del democratismo delle potenti lobbies massoniche. Perché gli ebrei hanno ottenuto pari diritti? Per via del complotto delle potenti lobbies giudaiche. E via così (esageriamo, daccordo, ma per rendere l'idea), ancora oggi, molti non perdono il vizio...

mercoledì 4 settembre 2013

Messaggio del 2 Settembre 2013 (Mirjana)

"Cari figli, vi amo tutti. Tutti voi, tutti i miei figli, tutti voi siete nel mio Cuore. Tutti voi avete il mio amore materno e desidero condurre tutti voi alla conoscenza della gioia di Dio. Perciò vi chiamo. Ho bisogno di apostoli umili che con cuore aperto accolgano la Parola di Dio e aiutino gli altri a comprendere con la Parola di Dio il senso della loro vita. Per poterlo fare, figli miei, attraverso la preghiera ed il digiuno dovete imparare ad ascoltare col cuore ed imparare a sottomettervi. Dovete imparare a respingere da voi tutto ciò che vi allontana dalla Parola di Dio e ad anelare solo a ciò che ve la avvicina. Non temete: io sono qui, non siete soli! Prego lo Spirito Santo che vi rinnovi e vi rafforzi. Prego lo Spirito Santo affinché, mentre aiutate gli altri, anche voi stessi guariate. Lo prego affinché attraverso di Lui siate figli di Dio e miei apostoli."
Poi con grande preoccupazione la Madonna ha detto: "Per Gesù, per mio Figlio, amate coloro che Egli ha chiamato e anelate alla benedizione solo di quelle mani che Egli ha consacrato. Non permettete al male di prendere il sopravvento. Ripeto di nuovo: solo con i vostri pastori il mio Cuore vincerà! Non permettete al male di separarvi dai vostri pastori. Vi ringrazio."

lunedì 2 settembre 2013

Mancuso: docce scozzesi sulla resurrezione

Vito Mancuso alterna 1) tesi pienamente condivisibili a 2) tesi inaccettabili: 1) pienamente condivisibile è dire che le resurrezione di Gesù è indispensabile per spiegare il fatto storico della diffusione del Cristianesimo, soprattutto mediante il martirio dei suoi primi testimoni; 2) inaccettabile è negare che la resurrezione sia stata un fatto storico, concreto, carnale.

1) la tesi condivisibile

La riportiamo per intero: "Penso che non ci possano essere dubbi sul fatto che la risurrezione di Gesù costituisca l’inizio del cristianesimo storico. La crocifissione è un fatto storicamente accertato, l’attestano anche fonti extracristiane quali il Talmud Babilonese, lo storico ebreo Giuseppe Flavio e lo storico romano Tacito. L’espansione entusiasta e coraggiosa del cristianesimo primitivo è, a sua volta, un fatto storico. Occorre perciò un nesso che colleghi questi due eventi ben poco coordinabili tra loro, e questo nesso, secondo il Nuovo Testamento, è la risurrezione, ovvero, per stare a ciò che è storicamente accertabile, il fatto che i primi cristiani credessero all’evento inaudito della risurrezione del crocifisso. Questo ovviamente non prova che la risurrezione come evento sia realmente accaduta, questo prova solo che la fede dei primi cristiani era basata su qualcosa di inaudito. La risurrezione attribuita a Gesù costituisce l’evento generatore del cristianesimo storico, il big bang che l’ha portato a essere quel fenomeno mondiale destinato a mutare il mondo occidentale. Senza la fede dei discepoli in quell’evento inaudito, ultimo, risolutorio, non sarebbe sorto il cristianesimo storico. In questo senso va compreso il celebre passo di 1 Corinzi 15, 14: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra predicazione, vana la vostra fede”. L’inoppugnabile dato storico della fede dei discepoli non prova nulla, beninteso, ma è un fatto cui lo storico deve cercare una causa, e l’autosuggestione o il furto del cadavere non mi sembrano portare molto lontano. Tutti gli apostoli, salvo Giovanni, risultano essere morti martiri, ed è poco plausibile pensare che una decina di uomini diano la vita per una truffa da loro stessi ideata."
Perfetto! Ma dopo che cosa ci dice? Che la resurrezione non è un fatto storico!

2) la tesi inaccettabile

 Citiamo solo i passaggi salienti: "la Resurrezione come evento storico non appartiene ai vangeli, e (...) essi nessuna prova apportano di questo evento. Come dice Alberto Maggi se ci fosse stata una telecamera a filmare il sepolcro continuamente non avrebbe filmato nulla. (...) Chiunque voglia vedere Cristo Risorto non è alla storia che deve guardare ma alla fede. Tramite essa noi possiamo sperimentare Gesu risorto mettendo in pratica nella nostra vita il suo messaggio, vivendo il piu possibile come lui è vissuto. (...) Non cercare di vedere il miracolo e il segno prodigioso che è del diavolo, quanto invece con gli occhi del vero credente attualizzare il vangelo nella nostra vita."
 E' vero che la prova della resurrezione di Cristo è, per ognuno, la novità di vita che Lui rende possibile a chi lo segue, ma tale novità di vita, fatto storico, si basa ed è prova del grande Fatto storico della resurrezione. Una telecamera avrebbe ripreso il corpo risorto di Cristo. E il miracolo è segno di Dio, non del diavolo, che non può compiere miracoli. Errata è perciò la contrapposizione tra vita nuova e miracolo: senza quest'ultimo non sarebbe possibile la prima, ma sarebbe solo sforzo moralistico.

martedì 27 agosto 2013

Mancuso e il dialogo inter-religioso

Riportiamo questo interessante contributo di Mancuso, dalle cui conclusioni parzialmente dissentiamo (ma lo spiegheremo in un successivo post):
"
Dialogo tra le religioni
IL NODO TEORETICO: O DIALOGO O ANNUNCIO (Mancuso)
Teoreticamente parlando, la questione consiste nello scontro tra queste due posizioni:

- quella di chi pone al vertice il dialogo, perché non ritiene di possedere la pienezza della verità e quindi vuole sinceramente ascoltare i risultati della ricerca altrui;
- quella di chi pone al vertice l’annuncio, perché ritiene di possedere già la pienezza della verità (la “verità assoluta” su cui la Dominus Jesus insiste ripetutamente) e quindi si dispone verso gli altri per convertirli.

Tutti sanno che il motore del cattolicesimo tradizionale è del secondo tipo, è l’annuncio finalizzato alla conversione. Più in particolare, l’impostazione è la seguente:

- il cattolico conosce la verità, che a lui viene insegnata dalla Chiesa;
- la Chiesa ha ricevuto la verità dagli Apostoli e la trasmette ininterrottamente dando vita alla tradizione apostolica;
- gli Apostoli hanno ricevuto la verità da Cristo che è della stessa sostanza del Padre ed è quindi la verità in sé e per sé.

Ne viene che il cattolico conosce la verità assoluta e deve annunciarla agli altri perché si convertano e si salvino. L’intera struttura della Chiesa Cattolica continua a basarsi su questa impostazione. Da essa consegue una precisa concezione della verità espressa da questo semplice sillogismo:

- verità = Cristo;
- Cristo = dottrina insegnata dalla Chiesa Cattolica;
- verità = dottrina cattolica.

Questa concezione di verità ha portato i cattolici a ritenere che dalle altre tradizioni spirituali non vi sia nulla da imparare riguardo alla concezione della salvezza, della spiritualità, della preghiera, dell’uomo, della natura e soprattutto di Dio. Ed è sempre questa concezione che ha portato a bollare come eretici i cristiani che la pensavano diversamente in materia di fede e di morale, e a trattarli in modo, diciamo così, “poco dialogico”. Dietro questa visione vi è la rigidità di chi ritiene che in ordine a Dio e al rapporto con lui nella sua religione vi sia tutto, e nelle altre religioni niente, o nel migliore dei casi frammenti della verità, la quale però nella sua pienezza è solo nella sua religione, secondo un atteggiamento mentale che ricorda una specie di sindrome da primi della classe.
Da qui discende anche una visione della fede che colloca nella dottrina l’elemento principale, identificando l’essere cattolico con l’accettazione obbediente di tutte le proposizioni trasmesse dalla Chiesa, tradizionalmente denominate “articoli di fede” (da cui la massima: Catholicus non est qui a Romana ecclesia in fidei doctrina discordat).
Io però non penso che il cristianesimo consista nella professione di dottrine, mi pare che il messaggio del Vangelo dica un’altra cosa. Eccoci quindi al problema per eccellenza del cristianesimo, cioè alla domanda su che cosa significhi oggi essere discepolo di Gesù. (da "Obbedienza e libertà").
Questo è il pensiero di Mancuso, molto vicino a Carlo Molari. Vi apporremo delle nostre riflessioni critiche prossimamente.

lunedì 26 agosto 2013

Messaggio, 25. agosto 2013

"Cari figli! Anche oggi l’Altissimo mi dona la grazia di essere con voi e di guidarvi verso la conversione. Giorno dopo giorno Io semino e vi invito alla conversione perché siate preghiera, pace, amore e grano che morendo genera il centuplo. Non desidero che voi, cari figli, abbiate a pentirvi per tutto ciò che potevate fare e che non l’avete voluto. Perciò, figlioli, di nuovo con entusiasmo dite: “ Desidero essere segno per gli altri”. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

lunedì 19 agosto 2013

stampa cattolica

Non parliamo di tutta la stampa cattolica, ma di quella legata al Movimento di CL.
C'era una volta Il Sabato, grande esperienza editoriale, battagliera, forse troppo, ma per molti aspetti pionieristica. Poi venne Trenta Giorni. E infine Tempi.
Vorrei soffermarmi sulla differenza, a mio avviso, notevole, che c'è tra il Sabato e Tempi. Il Sabato era a) l'espressione di tutto il Movimento, in tutte le sue sfumature e "anime", dalla "destra" alla "sinistra", ed era b) aperto anche al contributo di non-cattolici (come radicali e missini: Jannuzzi e Accame).
In questo senso il Sabato rispecchiava la grande apertura umana di don Giussani, decisamente alieno dal clericalismo e pronto a valorizzare l'umano ovunque si manifesti, fosse pure in un ateo, come Leopardi o Pasolini.

Tempi invece nasce con un orizzonte decisamente più ristretto: non rispecchia tutto il Movimento, ma la sua componente più "di destra", anzi ormai finisce con l'essere un settimanale in cui si fondono l'ala, per così dire, ciellino-conservatrice e Alleanza cattolica. Conseguentemente Tempi non ha l'apertura che il Sabato aveva per i non-cattolici. Non che non li ospiti mai, ma i loro interventi devono essere rigorosamente in linea con le direttive del direttore.

Solo che, in assenza di alternative, anche per la chiusura di 30 Giorni, che era molto più "di centro" che "di destra" e non risparmiava stoccate polemiche contro i "cristianisti", una parte notevole del popolo ciellino finisce col prendere Tempi per il naturale prolungamento, settimanale e quotidiano, di Tracce, la rivista ufficiale di CL. Non accorgendosi che le due testate hanno ben diversa autorevolezza e affidabilità. E infatti non sempre convergono: lo si è visto in occasione delle ultime politiche, allorché Carron diceva una cosa, e Tempi (con Simone) un'altra.
Tra l'altro sta accadendo anche un altro, collegato, fenomeno: che, anche grazie a Tempi, una parte non irrilevante del popolo ciellino, sta "seguendo" come una fonte autorevole e totalmente affidabile un sito web "consigliato" da Tempi, la (nuova) bussola quotidiana, che è (prevalentemente) guidata da non-ciellini (Alleanza Cattolica e Opus Dei).

Mi auguro che chi vuole seguire don Giussani/Carron riprenda a riferirsi anzitutto e soprattutto ai comunicati ufficiali di CL e a Tracce, in cui scorre purissima l'acqua sorgiva del carisma. Altre fonti possono invece mescolare, con l'acqua, anche scorie non ben depurate.

domenica 11 agosto 2013

proporzionalità inversa?

Esiste una proporzionalità inversa tra la sottolineatura della bontà e bellezza della famiglia "tradizionale" e la accettazione del fatto che esistano omosessuali?
Per rispondere bisogna determinare che cosa sia l'omosessualità a) se essa è qualcosa di liberamente scelto (potenzialmente sceglibile da tutti), o b) una condizione in cui alcuni si trovano.

a) Nel primo caso, essendo frutto di una scelta totalmente arbitraria, l'o. è potenzialmente sceglibile, per così dire, da tutti, e il fatto di scelglierla è questione di adesione a una propaganda, alla propaganda omosesssualista; se le cose stanno così allora c'è una proporzionalità inversa tra esaltazione della famiglia eterosessuale, tradizionale e accettazione dell'omosessualità. Allora ogni volta che uno parla bene della famiglia tradizionale, attacca e condanna gli omosessuali.

b) Nel secondo caso l'omosessualità non è qualcosa che uno sceglie, arbitrariamente, ma qualcosa che uno si trova addosso, volente o nolente; in questo senso non c'è da temere una diffusione incontrollata dell'o., non ci può essere un contagio, non è cioè che persone che altrimenti sarebbero eterosessuali (e metterebbero su famiglia in modo tradizionale) possano essere "convertiti" all'omosessualità da una propaganda "omosessualista" (l'omosessualismo). In questo senso non c'è proporzionalità inversa tra esaltazione della famiglia tradizionale (e della normalità eterosessuale) e accettazione del fatto che esista una esigua e non (indefinitamente) aumentabile minoranza, che è, non per sua scelta, "diversamente orientata". Non c'è proporzionalità inversa più di quanta non ce ne sia tra l'esaltazione della bellezza del creato visibile, tra esaltazione della bontà della vista e comprensiva, amorevole accettazione dei ciechi: non è che se esalto la bontà della vista, devo attaccare e disprezzare i ciechi. In questo senso parlare di omosessualismo ha lo stesso senso che parlare di ciechismo: come se i ciechi fossero coloro che aderiscono all'ideologia ciechista, il ciechismo (o orbismo, se preferite).

Abbiamo già ricordato cosa dice il Catechismo: questo è quello che, magari sbaglieremo, ci sembra essere giusto.

mercoledì 7 agosto 2013

legge sull'omofobia: fermarla o correggerla?

Ci sono due posizioni nel mondo cattolico verso la legge sull'omofobia: quella di chi vuole correggerla, e quella di chi vuole fermarla.
Per i primi è giusto tutelare le persone omosessuali dalla violenza, verbale o fisica, diciamo sinteticamente da vessazioni, senza con ciò impedire la criticabilità del comportamento (volontario) omosessuale e quindi la libertà di espressione , per esempio,della Chiesa. In sintesi: sì alla criticabilità (del comportamento, volontario), no alla vessabilità (delle persone omosessuali).
Per i secondi invece è inconcepibile  il concetto stesso di limitazione delle vessazioni verso le persone omosessuali, per cui una legge contro l'omofobia è intrinsecamente, per definizione, a priori "inemendabile".

Abbiamo il sospetto che ci sia un presupposto, magari inconscio e inconfessato, di questa seconda posizione, ossia che in fondo sia giusto che le persone omosessuali siano vessate, perché solo così potranno emendarsi dal vizio: attraverso una sofferenza purificatrice si raddrizzeranno e tutto d'un tratto, come per magia, voilà: da omosessuali diventeranno eterosessuali. Insomma: picchiare per raddrizzare. E' chiaro che se uno pensa questo, non vuole che si fermi la mano dei picchiatori.
E' opportuno soffermarsi un attimo su questa impostazione, per verificarne la corrispondenza o meno con le esigenze del Cristianesimo. Abbiamo il sospetto che in questi cattolici si sia operato un sottile slittamento semantico riguardo a una delle sette opere di misericordia spirituale: laddove c'è scritto "ammonire i peccatori", loro leggono "vessare i peccatori" (almeno quei peccatori che sono gli omosessuali). Tra parentesi, non neghiamo che ammonire possa anche fare un po' male, ma non mandare in traumatologia. Chiediamoci: è corretto questo slittamento?

Leggiamo quello che dice il (nuovo) Catechismo della Chiesa cattolica. Le persone omosessuali "devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione." (2358).

Perché allora questi cattolici ritengono giusto "menare" un po' i "diversi"? Perché pensano che la omosessualità sia essenzialmente qualcosa che uno sceglie, che uno liberamente vuole. Se uno liberamente ha scelto di fare l'omosessuale, una bella legnata e via, ecco che lo si spinge a non volerlo più.
Ma anche qui leggiamo quello che dice il (nuovo) Catechismo della Chiesa cattolica: "Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate." (2358) . Che cosa significa "profondamente radicate"? Anche dal contesto si evince con evidenza che questa espressione equivale a "insuperabili"; infatti per tali persone la soluzione che viene proposta dal Catechismo non è il matrimonio, ma la castità: perché se non perché tali persone non possono realizzarsi eterosessualmente, cioè con un matrimonio eterosessuale?
Dunque anche qui questi cattolici sono in dissonanza dal Magistero della Chiesa, che riconosce che "un numero non trascurabile" di persone non "sceglie di essere", ma "è", insuperabilmente, orientato in modo "diverso". Inutile dunque vessarli, sperando di riorientarli.

un'obiezione

Capiamo l'obiezione dei meno rozzi: noi non vogliamo la legge sull'omofobia, per quanto emendata e riformulata, non perché ci faccia sottilmente piacere che i gay siano vessati, per una inconscia "prepotenza da maggioranza", ma perché la riteniamo inutile. Infatti già le attuali norme tutelano gli omosessuali, come tutelano chiunque, dalla violenza.
E qui dobbiamo fare un esperimento mentale (espressione familiare a chi conosce la filosofia analitica). Supponiamo, per assurdo, che un domani si formi una corrente ideologica che odia i mancini, promuove discriminazioni nei loro confronti e anche violenze, verbali e fisiche, e riesca a creare un clima molto pesante per i mancini, che sono spinti a nascondere la loro "mancinità" per paura di essere vessati. Immaginiamo un mancino che si trovi in due situazioni: a) nella prima gli viene dato un pugno mentre si trova in strada, e lui ha la certezza che questa violenza non ha niente a che fare con il suo essere mancino, ma si tratta di uno squilibrato che ce l'ha col mondo e se l'è presa con lui solo come un anonimo rappresentante del genere umano;  b) nella seconda situazione il nostro mancino invece viene, non colpito con un pugno, ma raggiunto, mentre cammina in strada, da un epiteto ingiurioso, che lo bolla gridandogli un nomignolo con cui la nuova corrente ideologica anti-mancini esprime tutto il suo disprezzo e il suo odio verso i mancini. Secondo voi quale sarà della due esperienze, quella più difficile da sopportare, quella che causa nell'animo di quel mancino più rabbia e amarezza? E' ovvio: la seconda, anche se un pugno fa fisicamente più male di un insulto. Perché quello che conta è che sia stato preso di mira non in quanto (anonimo) essere umano, ma in quanto mancino, cioè come un "diverso", come uno che appartiene a una minoranza continuamente esposta a vessazioni. Questo è ciò che lo esaspera, non il dolore ai muscoli facciali e alla mandibola.
Facciamo un altro esempio: un educatore ha un gruppo di ragazzi, di cui uno è down e un altro un violento. Sarà giusto dare la stessa punizione al ragazzo violento allorché colpisce con un pugno il ragazzo down e un ragazzo qualsiasi? Non sarà più giusto punire più severamente il suo aver colpito il ragazzo down, accertato che si sia che il motivo del suo dargli un pugno sia proprio la volontà di colpirlo perché down, in quanto down?
Così, qualsiasi tipo di minoranza costituita da un fattore involontario (persone down, persone di colore, persone omosessuali) deve essere tutelata non in modo generico, ma in modo speciale. Perché non genericamente, ma specialmente è esposta alla violenza, è vessabile, è vulnerabile.

concludendo

Allora noi pensiamo che vada bene qualsiasi legge contro l'omofobia? Certamente no. Bisogna che essa lasci criticabile il comportamento omosessuale (in quanto ha di volontario). Magari esemplificando che frasi come "la natura umana esiste", "la differenza sessuale è buona e naturale", "solo l'eterosessualità è naturale"  non costituiscono "incitamento all'odio" e non potranno perciò essere censurate.

martedì 6 agosto 2013

Radio Maria

Vorrei condividere delle riflessioni su questa importante emittente, sulla sua natura dal punto di vista cristiano. In sintesi: è un opus umano o un opus divino, come lei stessa dice di sé ("è opera della Madonna")?
Mi ha sempre colpito da un lato, il fatto che tale radio viva senza pubblicità, e solo grazie ai contributi volontari degli ascoltatori. Ciò sembra avvalorare l'ipotesi di un opus Dei.
D'altro lato ci sono dei limiti nei contenuti trasmessi da questa radio: accanto a programmi interessanti anche dal pdv umano, ce ne sono altri un po' pesantucci, o almeno io li percepisco tali. Il cuore di radio Maria sono probabilmente le catechesi di p. Livio del venerdì sera, e in misura minore il commento alla stampa, sempre di p.Livio.

Vorrei soffermarmi allora proprio sulla impostazione di p.Livio. La sua ortodossia, limpida e cristallina, è fuori discussione: quando parla del dogma non dice niente di sbagliato. Anche in ciò, forse soprattutto in ciò, sta il carisma di radio Maria, il suo essere in qualche modo paragonabile a un movimento ecclesiale. Tuttavia se p.Livio non dice niente di dogmaticamente sbagliato, egli non dice tutto ciò che sarebbe pedagogicamente utile a una educazione alla fede.
Che cosa vogliamo dire? P.Livio dice correttamente che l'uomo non si salva solo con le sue forze, e che Dio è indefinitamente misericordioso verso ogni nostro errore, e ci risolleva ogni volta che cadiamo. In questo senso egli non è moralista.
Tuttavia egli presenta la vita cristiana essenzialmente come applicazione di una legge (morale): manca in lui la dimensione della vita cristiana come avventura, come buona avventura, come incontro con una realtà che è sempre più grande dei nostri schemi. E in questo senso un po' di moralismo uno ce lo potrebbe anche vedere, o almeno una certa riduzione della fede. Don Giussani leggeva e valorizzava anche autori atei come Leopardi, o Pascoli, o Pasolini, o Nietzsche. P.Livio non lo farebbe mai. Solo cattolici D.O.C., e questo è un impoverimento, una riduzione.

Che dire allora: opus Dei o opus hominis? Probabilmente un po' l'uno e un po' l'altro. Radio Maria nasce per interessamento della Madre di Dio, come per intervento di Dio sono nati Cl, i focolarini, i pentecostali, ecc. Ma l'iniziativa di Dio si impatta poi con limite dell'umano. Non c'è da scandalizzarsi: è sempre così, se la stessa Bibbia è da un lato parola di Dio, ma dall'altro opera di autori umani coi limiti del loro tempo e del loro temperamento: a differenza di quello che pensano i maomettani del Corano, che cioè sia stato dettato da Dio, i cristiani pensdano che la Bibbia sia stata non dettata, ma ispirata da Dio.
Aggiungo che io trovo molto più trasparente l'intervento di Dio in CL che in Radio Maria, senza nulla togliere al bene che anche questa radio opera, soprattutto tra anziani e malati.

domenica 28 luglio 2013

gli errori "della Chiesa"

Le virgolette sono perché, come diceva Maritain, sarebbe più giusto parlare degli errori "degli uomini di Chiesa", o "del personale della Chiesa", piuttosto che "della Chiesa", della Chiesa, cioè in quanto corpo di Cristo, luogo, sacramento della Sua presenza.

La Chiesa è infallible per quanto riguarda il dogma, ciò che è cioè essenziale alla salvezza. Su questo lo Spirito le impedisce di sbagliarsi.
Lo Spirito invece non le impedisce (non impedisce agli uomini di Chiesa) di sbagliarsi su questioni non-essenziali, di tipo storico-culturale e politico.
E su questo piano la Chiesa ha inanellato una ragguardevole serie di cantonate, di tipo pratico (inquisizione, pena di morte, rifiuto della democrazia) e teorico (rifiuto dell'eliocentrismo, rifiuto dell'evoluzionismo). Si direbbe che essa abbia regolarmente toppato tutti i suoi più importanti appuntamenti con la storia.

Ciò viene negato dalla "destra" cristiana, per la quale la Chiesa non ha mai sbagliato (e quanto bisogna arrampicarsi sui vetri per sostenerlo), mentre viene enfatizzato dalla "sinistra", per la quale la Chiesa ha sempre sbagliato, anche sull'essenziale. Per la sinistra la Chiesa deve cambiare tutto, per la destra la Chiesa non deve cambiare niente. La destra fossilizza la fede in uno scheletro immutabile, la sinistra dissolve la fede in una smidollata assenza di ossatura. La verità è che la Chiesda ha in sé tanto una dimensione eterna, divina, quanto una umana, passibile di evoluzione e di progresso.

venerdì 26 luglio 2013

Messaggio, 25. luglio 2013

"Cari figli! Con la gioia nel cuore vi invito tutti a vivere la vostra fede ed a testimoniarla col cuore e con l'esempio in ogni modo. Decidetevi figlioli di stare lontano dal peccato e dalle tentazioni; nei vostri cuori ci sia la gioia e l'amore per la santità. Io, figlioli, vi amo e vi accompagno con la mia intercessione davanti all'Altissimo. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

venerdì 19 luglio 2013

legge sull'omofobia

Ci sembra che la Chiesa stia dimostrando equilibrata saggezza: non vuole impedire una qualche legge contro l'omofobia, ma solo una certa versione di tale legge che sia passibile di interpretazioni limitative della libertà (di critica).
Il punto non è fermare, ma correggere.
Bisogna infatti distinguere tra involontario e volontario: l'involontario va tutelato da possibili violenze (fisiche o anche verbali) e vessazioni, il volontario deve restare criticabile.
Dunque, nella fattispecie, l'orientamento "diverso" (involontario) deve essere tutelato, mentre il comportamento (volontario) deve restare criticabile.
Si tratta, in generale, di tutelare da possibili violenze/discriminazioni, tutte le minoranze costituite uin base a fattori involontari (il colore delle pelle, o dei capelli, handycap vari, l'orientamento sessuale). Ma giustamente si chiede che il comportamento liberamente scelto sia oggetto non di possibili violenze, ma di possibili critiche.

mercoledì 3 luglio 2013

diversi pdv sul problema omosessualità

C'è una differenza nel modo di considerare la questione dell'omosessualità, su cui oggi vogliamo soffermarci. Lo facciamo con uno schema:


da una parte c'è chi crede che l'omosessualità sia una condizione (involontaria): c'è chi si ritrova addosso tale orientamento (una minoranza) e chi (la stragrande maggioranza) no. dall'altra parte c'è chi pensa che l'omosessualità sia una scelta (volontaria): chi è omosessuale lo è perché lo vuole, lo scelglie liberamente.
Chi pensa all'o. come condizione ritiene che non sia possibile un contagio: è omosessuale chi ha una ben precisa storia, con ben precise dinamiche relazionali (soprattutto intrafamiliari). Chi invece pensa all'o. come scelta ritiene possibile e teme molto il contagio: il numero degli omosessuali non è determinato e ridott(issim)o, ma è potenzialmente sconfinato.
Nel primo caso si ha un approccio tendenzialmente rilassato alla questione delle novità legislative in campo familiare: sono destinate ad avere una incidenza marginale, riguardando quella che è (sempre stata e sempre sarà) una ristrettissima minoranza Nel secondo caso si ha un approccio tesissimo e oltremodo allarmato: si paventa una omosessualizzazione totale del genere umano. Sarebbe il trionfo del cosiddetto omosessualismo, termine che appunto suppone che l'o. non sia una condizione, ma il frutto di una scelta ideologica.
Chi ha ragione? Diciamo che la soluzione più vicino al vero ci sembra dire che da una parte il comportamento omosessuale è frutto di una scelta libera, che tuttavia dà attuazione concreta a un orientamento omosessuale che non viene scelto, ma che uno si trova addosso, per motivi (raramente) biologici o (più facilmente) psicologici.
Osserviamo che questa è anche la posizione del Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica che sostiene che esistano "persone con tendenze omosessuali profondamente radicate", cioè non liberamente scelte e liberamente abbandonabili.

martedì 2 luglio 2013

immutabilità e storia

passeranno il cielo e la terra, ma le Mie parole non passeranno

 Nel Cristianesimo qualcosa è immutabile, come ha promesso Gesù ad esempio nelle parole in esergo, e qualcosa è soggetto ad evoluzione storica. Non tutto è immutabile, come tende a credere il conservatorismo fondamentalista, ma neanche tutto è mutevole e in evoluzione, come tende a credere il progressismo relativista.

ciò che è immutabile: la fede

La fede in quanto tale è immutabile: anche nel 14.000 d.C. il dogma della divinoumanità di Cristo resterà pienamente valido, identico a quello che si credeva nell'età apostolica (è "la fede degli apostoli", il "sentire di Pietro"). Peraltro il dogma è soggetto non a evoluzione (una volta che è stato definito resta immutabile) ma a progressiva chiarificazione: per formulare il dogma dell'Assunzione di Maria ci sono voluti 1950 anni. Questo dogma era implicitamente affermato dalla fede della Chiesa fin dagli inizi, ma per esplcitarlo c'è voluta la storia, una maturazione storica.

ciò che è soggetto a evoluzione strorica

Si potrebbe dire, sinteticamente, che è la dimensione etico-politica.
E' ovvio che anche qui qualcosa è immutabile, c'è un nucleo, neanche tanto ristretto, di regole etiche che è immutabile: potremmo dire i 10 comandamenti, o più sinteticamente il criterio etico supremo, la carità, amare Dio e amare il prossimo (il dono di sé, come criterio fondamentale in quanto imitazione/partecipazione alla più intima vita di Dio).
Tuttavia anche i 10 comandamenti sono stati soggetti a un affinamento interpretativo non lievissimo. Pensiamo al comandamento "non uccidere". E pensiamo al tema pena capitale. Per secoli la Chiesa ha non solo ammesso, ma anche praticato la pena capitale. Per arrivare poi, in tempi più recenti (si vede il Nuovo Catechismo), non tanto ad escludere in modo assoluto, ma a sconsigliare drasticamente, date le nuove circostanze storiche, tale pratica.
Si pensi anche alla guerra: per secoli la Chiesa ha non solo ammesso, ma anche incoraggiato una guerra mossa da motivazioni religiose, incitando alla crociata. La sensibilità morale maturata successivamente ha fatto considerare come superate tali posizioni e oggi molti addirittura se ne vergognano e le rinnegano.
Si pensi, ancora, all'affinamento della coscienza morale della Chiesa sul tema giustizia sociale: per secoli la Chiesa ha sostanzialmente eluso tale tema, insistendo sulla dimensione della pazienza da avere nella vita presente. Dall'Otticento in poi tale tema si è imposto anche alla coscienza ecclesiale, che ha sviluppato delle linee propositive per superare le ingiustizie.

Dunque non i 10 comandamenti, ma la loro interpretazione, sia pure alla luce costante del fondamentale e immutabile principio dell'amore di Dio e del prossimo, è stata soggetta a qualche evoluzione storica. E ciò non deve scandalizzare: quanto basta per regolare la propria azione, commisurandola al Destino eterno, quanto basta per la salvezza, diciamo l'essenziale,  è da subito e costantemente stato chiaro; ciò che si è evoluto è qualcosa di non-essenziale, come dire di non-centrale, di periferico.

Ciò va tenuto presente, perché non è detto che quanto si è maturato fino ad oggi sia tutto, non è detto che siamo arrivati al capolinea della storia. E' possibile che la storia continui, dunque è possibile che la coscienza morale della Chiesa conosca altre forme di maturazione, non intaccando il nucleo essenziale, la legge della carità e i 10 comandamenti, ma comprendendone meglio per esempio le implicazioni (in senso lato) politiche. A questo dovrebbe essere attenta soprattotto la "destra" religiosa. Mentre la "sinistra" dovrebbe guardarsi dal credere mutevole anche il dogma, come fanno certi "teologi" (penso a Vito Mancuso), che ad esempio mettono in discussione nientemeno che la infinita perfezione e trascendenza di Dio e la Sua provvidenza.
Da notare che, curiosamente ma significativamente, la "destra" cristiana rimprovera alla "sinistra" cristiana non tanto gli aspetti ontologico-dogmatici, ma quelli etico-politici, come se fosse più certa dei secondi che dei primi, come se fossero più importanti i secondi dei primi. Come se il Cristianesimo fosse (anzitutto ed essenzialmente) un'etica e non un'ontologia (che pure ha precise implicazioni etiche).

domenica 26 maggio 2013

Messaggio, 25. maggio 2013 "Cari figli! Oggi vi invito ad essere forti e decisi nella fede e nella preghiera affinché le vostre preghiere siano tanto forti da aprire il cuore del mio amato Figlio Gesù. Pregate figlioli, senza sosta affinché il vostro cuore si apra all’amore di Dio. Io sono con voi, intercedo per tutti voi e prego per la vostra conversione. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

Cari figli! Oggi vi invito ad essere forti e decisi nella fede e nella preghiera affinché le vostre preghiere siano tanto forti da aprire il cuore del mio amato Figlio Gesù. Pregate figlioli, senza sosta affinché il vostro cuore si apra all’amore di Dio. Io sono con voi,  intercedo per tutti voi e prego per la vostra conversione. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

venerdì 24 maggio 2013

da dove partire, in Europa, oggi

Aveva profeticamente ragione don Giussani, quando corresse gli amici che gli dicevano ripartiamo da 32 (mi pare, non ricordo più la percentuale presa al referendum sull'aborto, una percentuale minoritaria comunque), dicendo: "no, ripartiamo da Uno".
Ecco dobbiamo prenderne atto: da tempo non c'è più in Europa una cristianità, non siamo più in una cristianità.
Possiamo dire, con Novalis, che "erano bei tempi quelli in cui l'Europa era una terra cristiana", ma ahinoi, questi tempi sono, almeno per il momento, passati.
Si deve ripartire da zero, o meglio, certo, da Uno. Bisogna ricostruire tutto dalle fondamenta.
Non si costruisce dal tetto, ma dalle fondamenta. Il tetto sono le conseguenze, le fondamenta sono le premesse: prima vengono le premesse, solo poi possono venire le conseguenze. Il tetto è l'etica, e a maggior ragione l'assetto legislativo, le fondamenta sono l'ontologia.
Oggi occorre una nuova evangelizzazione, come diceva Giovanni Paolo II, occorre che l'Europa, che l'umanità (ri-)scopra la bellezza dell'Avvenimento, imprevedibile e sempre nuovo, di Cristo.
Tutto il resto verrà di conseguenza. Certo, se nel frattempo si possono tamponare delle falle, tanto meglio. Meglio una legge giusta che una legge sbagliata, ovvio. Ma se una battaglia contro una legge sbagliata provoca come conseguenza una minor libertà per la Chiesa e i cristiani, un accresciuto odio per la fede, bisogna stare attenti, credo, a che non diventi una battaglia ideologica. Un sintomo che una battaglia è diventata ideologica è ad esempio il considerare l'altro, chi si oppone a questa battaglia, come un nemico. Vedasi certo frasario che spesso si vede nei forum, dove capita il caso che chi dice di difendere la fede, assume atteggiamenti aggressivi e offensivi, incompatibili con il desiderio che l'altro accolga un Annuncio. Stiamo attenti insomma a non cadere nella trappola dell'ideologia.

suicidio politico?

Sarà anche un "suicidio politico" come dice su Tempi.it Casadei, però sempre suicidio è. Dunque qualcosa di estraneo alla tradizione e alla fede cristiana.
La verità è che si tenta di "salvare" in qualche modo il gesto di Dominique Venner, perché se non lo si salvasse si dovrebbe fare un po' di autocritica sul clima creato in Francia con l'opposizione, diciamo meglio con un certo tipo di opposizione, al "mariage pour tous", una opposizione che, per quanto se ne possano condividere molte ragioni, ha assunto tratti oggettivamente parossistici, tali da spingere facilmente appunto a gesti estremi, di tipo violento, contro altri (vedi nuimerosi episodi di pestaggi e attacchi fisici contro gay o sostenitori del mariage pour tous) o contro sé, come appunto nel caso di Venner.
Preghiamo il Mistero che abbia misericordia di lui, della Francia e di tutti noi, perché non ci mettiamo mai al Suo posto, ma accettiamo l'Evento imprevedibile di Cristo e le circostanze concrete che in ultima analisi sono di Lui segno, per quanto apparentemente brutte.

lunedì 13 maggio 2013

polemici sì, ma mirando alla verità tutta intera

Per un cristiano a volte è necessario polemizzare con chi nega importanti punti delle verità sostenendo tesi inaccettabili. Tuttavia c'è un insidia nelle polemiche, a cui dobbiamo prestare attenzione. In effetti sappiamo che l'angelo ribelle, il padre della menzogna, è sempre attivo e cerca di deviare il più possibile il bene verso il male, il vero verso il falso.
Il punto è mirare alla verità tutta intera, per cui bisogna tenere conto di tutti i fattori in gioco.
Cosa può accadere invece in una polemica? Che se A dice una cosa sbagliata io mi contrappongo a tutto quello che dice A: non solo a quella determinata e circoscritta cosa sbagliata, ma a tutto quello che dice A. Per cui non miro più a dire tutta la verità, ma solo a dire il contrario di A.

la storia si ripete

E' l'errore controversista in cui, secondo De Lubac e i teologi a lui vicini, tra cui von Balthasar, è caduta gran parte della teologia (e della prassi ecclesiastica) tridentina: visto che i protestanti dicevano alcune cose sbagliate, bisognava dire e fare il contrario di quello che dicevano e facevano i protestanti. Visto, ad esempio, che loro negavano il libero arbitrio e la cooperazione della volontà umana alla salvezza, ecco molto cattolicesimo tridentino accentuare, moralisticamente, il ruolo della volontà umana (è rischio di certo gesuitismo: "agisci come se tutto dipendesse da te"). Visto che il protestantesimo enfatizzava il rapporto diretto con la Sacra Scrittura, molto cattolicesimo tridentinovede con diffidenza che il singolo fedele legga personalmente la Bibbia, arriva al paradosso di sconsigliarne la lettura. Visto che il protestantesimo nega il culto dei Santi, ecco che molto cattolicesimo tridentino sottolinea con enfasi eccessiva il ruolo dei Santi, così che nelle chiese barocche sono quasi più importanti gli altarini laterali dell'altare maggiore, dunque di Cristo, unico Mediatore. E così via.

il controversismo oggi

Lo vediamo in certe posizioni della "destra" fondamentalista (protestante e "cattolica"), laddove ad esempio si contrappone all'evoluzionismo. Dove la contrapposizione non è a certi elementi dell'evoluzionismo, a certe tesi di Darwin, oggettivamente incompatibili con dogma cristiano, ma è all'evoluzionismo in quanto tale.
Siamo daccordo di opporsi all'idea che la realtà materiale sia autosufficiente e che l'uomo sia solo una scimmia evoluta. Ma questo non implica il negare l'evoluzione.
Siamo daccordo nel negare che l'evoluzione sia tutto, non siamo daccordo nel negare che l'evoluzione sia qualcosa. Siamo daccordo nel negare che l'evoluzione spieghi tutto, non siamo daccordo nel negare che l'evoluzione spieghi qualcosa.
L'uomo non è solo corpo, ma anche anima, e l'anima viene direttamente da Dio, non è il frutto dell'evoluzione del corpo. Ma non è incompatibile con ragione né con la fede pemsare che Dio abbia infuso l'anima non a della materia inorganica, come dice la lettera del testo biblico, ma a della materia organica, già predisposta, in seguito a un processo evolutivo sapientemente progettato dal Creatore, ad ospitare un'anima.
Spiace che certi amici, come quelli di Bastabugie, ignorino il magistero di Giovanni Paolo II, che ha autorevolmente "sdoganato" l'evoluzionismo (certo, a patto di depurarlo dalle incrostazioni materialistiche). Non è in dubbio la loro buona fede, ma bisogna stare attenti a non cadere nella trappola dell'ideologia.

martedì 26 marzo 2013

Messaggio 25 marzo 2013

"Cari figli! In questo tempo di grazia vi invito a prendere fra le mani la croce del mio amato Figlio Gesù e a contemplare la Sua passione e morte. Le vostre sofferenze siano unite alla Sua sofferenza e l'amore vincerà, perché, Lui che è l'Amore, ha dato se stesso per amore per salvare ciascuno di voi. Pregate, pregate, pregate affinché l'amore e la pace comincino a regnare nei vostri cuori. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

martedì 19 marzo 2013

apparizione annuale a Mirjana Dragićević-Soldo 18 marzo 2013

"Cari figli! Vi invito a benedire il nome del Signore con fiducia totale e gioia e a ringraziarLo col cuore di giorno in giorno per il grande amore.  Mio Figlio, attraverso questo amore dimostrato con la croce, vi ha dato la possibilità che tutto vi sia perdonato, cosicché  non abbiate a  vergognarvi, a nascondervi e per paura a non aprire la porta del proprio cuore a mio Figlio. Al contrario, figli miei, riconciliatevi con il Padre celeste perché possiate  amare voi stessi come vi ama  mio Figlio. Quando comincerete ad amare voi stessi, amerete anche gli altri uomini e in loro vedrete  mio Figlio e riconoscerete la grandezza del suo amore. Vivete nella fede! Mio Figlio tramite Me vi prepara per le opere che desidera fare tramite voi, attraverso le quali desidera glorificarsi. RingraziateLo. In modo particolare ringraziateLo per i pastori, vostri intermediari nella riconciliazione con  il Padre Celeste. Io ringrazio voi, i miei figli. Vi ringrazio."

domenica 3 marzo 2013

02 Marzo 2013 - Messaggio a Mirjana

"Cari figli, vi invito di nuovo maternamente: non siate duri di cuore! Non chiudete gli occhi sugli ammonimenti che per amore il Padre Celeste vi manda. Voi lo amate al di sopra di tutto? Vi pentite che spesso dimenticate che il Padre Celeste per il suo grande amore ha mandato suo Figlio, affinché con la croce ci redimesse? Vi pentite che ancora non accogliete il messaggio? Figli miei, non opponetevi all’amore di mio Figlio. Non opponetevi alla speranza ed alla pace. Con la vostra preghiera ed il vostro digiuno, mio Figlio con la sua croce scaccerà la tenebra che desidera circondarvi e impadronirsi di voi. Egli vi darà la forza per una nuova vita. Vivendola secondo mio Figlio, sarete benedizione e speranza per tutti quei peccatori che vagano nella tenebra del peccato. Figli miei, vegliate! Io, come Madre, veglio con voi. Prego e veglio particolarmente su coloro che mio Figlio ha chiamato, affinché siano per voi portatori di luce e portatori di speranza: per i vostri pastori. Vi ringrazio. "

martedì 26 febbraio 2013

Messaggio, 25. febbraio 2013

"Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera.Il peccato vi attira verso le cose terrene ma io sono venuta per guidarvi verso la santità e verso le cose di Dio ma voi lottate e sprecate le vostre energie nella lotta tra il bene e il male che sono dentro di voi. Perciò figlioli, pregate, pregate, pregate affinché la preghiera diventi gioia per voi e la vostra vita diventerà un semplice cammino verso Dio.  Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

venerdì 25 gennaio 2013

Messaggio, 25. gennaio 2013

"Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera. La vostra preghiera sia forte come pietra viva affinché con le vostre vite diventiate i  testimoni.  Testimoniate la bellezza della vostra fede. Io sono con voi e intercedo presso il mio Figlio per ognuno di voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

martedì 15 gennaio 2013

Cristianesimo e ideologia

Il Cristianesimo è un Fatto, un Avvenimento, che si incontra, imprevedibilmente, gratuitamente. Lo si può vivere solo se si conserva lo stupore del primo incontro, non pretendendo di possederlo, di averne capito tutto.
E' facile però credere di averlo capito e viverlo con scontatezza, ideologicamente. E' un rischio che corriamo tutti, da cui ci libera solo la grazia di Dio, soprattutto facendoci fare di nuovo l'incontro, ad esempio con persone che lo testimoniano in modo particolarmente trasparente e persuasivo.

Tuttavia ci sono cristiani che ideologizzano il Cristianesimo in modo sistematico e non come caduta occasionale e involontaria.

E' ideologico chiunque non saprebbe cosa rispndere alla domanda "tu perché credi?" E' ideologico chi non risonderebbe: " perché ne faccio esperienza", "perché faccio esperienza del suo potere liberatore".

Chi si fonda sulla sua esperienza (per lui il Cristianesimo è una vita, un Fatto) è a) certo di alcune grandi cose b) disponibile al dialogo su problemi contingenti, disponibile a incontrare e dialogare con chiunque.
Un esempio di questa posizione è don Giussani, a) assolutamente certo sull'essenziale, b) aperto a incontrare e a valorizzare chiunque, anche ateo, come Leopardi, o Pascoli, o Pasolini. Così fa anche il Meeting di Rimini.

Invece il cristianesimo ideologico 1) o ha troppe certezze (proietta la certezza del Fatto sui problemi contingenti), e questa è la tipica posizione del cattolicesimo "di destra", o 2) non ha nessuna certezza (proietta la disponibilità al dialogo su problemi contingenti anche sulla fede), e questa è la posizione del cattolicesimo "di sinistra".

Il cattolicesimo di destra ha una cristologia, che accentua unilateralmente la Sua divinità, per cui Gesù "sapeva tutto", aveva una conoscenza divina su tutto. Il cattolicesimo di sinistra al contrario ha una cristologia per cui Gesù "non sapeva niente", accentuandone l'aspetto puramente umano. Questo, notiamo en passant, è un punto su cui si sono "beccati" un cattolico di sinistra come Enzo Bianchi e un cattolico di destra come Antonio Livi. Per un cristianesimo come avvenimento Gesù è certamente Figlio di Dio, ma ha accettato la kenosi per cui era anche realmente uomo (aveva una natura umana) e imparava dall'esperienza, maturando certezze indubitabili e avendo comunque una conoscenza imparagonabilmente più profonda e perfetta di qualsiasi altro uomo.

giovedì 3 gennaio 2013

messaggio del 2 gennaio 2013

Cari figli, con molto amore e pazienza, cerco di rendere i vostri cuori simili al mio Cuore. Cerco di insegnarvi, col mio esempio, l'umiltà, la sapienza e l'amore, perché ho bisogno di voi, non posso senza di voi, figli miei. Secondo la volontà di Dio vi scelgo, secondo la sua forza vi rinvigorisco. Perciò, figli miei, non abbiate paura di aprirmi i vostri cuori. Io li darò a mio Figlio ed Egli, in cambio, vi donerà la pace divina. Voi lo porterete a tutti coloro che incontrate, testimonierete l'amore di Dio con la vita e, tramite voi stessi, donerete mio Figlio. Attraverso la riconciliazione, il digiuno e la preghiera, io vi guiderò. Immenso è il mio amore. Non abbiate paura! Figli miei, pregate per i pastori. Che le vostre labbra siano chiuse ad ogni condanna, perché non dimenticate: mio Figlio li ha scelti, e solo Lui ha il diritto di giudicare. Vi ringrazio

Viganò reinterpreta il Vangelo

 il nuovo Vangelo di Viganò: “il Mio Regno è di questo mondo” Ho appena finito di leggere una lunga nota di mons.Viganò , in cui egli acc...