Per
descrivere la nostra umanità e per guardare in modo adeguato noi stessi
in questo momento della storia del mondo, difficilmente potremmo
trovare una parola più opportuna di quella contenuta in questo brano del
profeta Sofonia: «Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele».
Perché? Che ragione c’è di rallegrarsi, con tutto quello che sta
accadendo nel mondo? Perché «il Signore ha revocato la tua condanna».
Il
primo contraccolpo provocato in me da queste parole è per la sorpresa
di come il Signore ci guarda: con occhi che riescono a vedere cose che
noi non saremmo in grado di riconoscere se non partecipassimo di quello
stesso sguardo sulla realtà: «Il Signore revoca la tua condanna», cioè
il tuo male non è più l’ultima parola sulla tua vita; lo sguardo solito
che hai su di te non è quello giusto; lo sguardo con cui ti rimproveri
in continuazione non è vero. L’unico sguardo vero è quello del Signore. E
proprio da questo potrai riconoscere che Egli è con te: se ha revocato
la tua condanna, diche cosa puoi avere paura? «Tu non temerai più alcuna
sventura». Una positività inesorabile domina la vita. Per questo,
continua il brano biblico, «non temere Sion, non lasciarti cadere le
braccia». Perché? Perché «il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un
salvatore potente». Non c’è un’altra sorgente di gioia che questa:
«Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida
di gioia» (3, 14-17).Che queste non sono rimaste solo parole, ma si
sono compiute, è ciò che ci testimonia il Vangelo; nel bambino che Maria
porta in grembo, quelle parole sono diventate carne e sangue, come ci
ricorda in modo commovente Benedetto XVI: «La vera novità del Nuovo
Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che
dà carne e sangue ai concetti — un realismo inaudito» (Deus caritas est,
12). Ed è un fatto talmente reale nella vita del mondo che non appena
Elisabetta riceve il saluto da Maria, il bimbo che porta nel grembo,
Giovanni, sussulta di gioia (cfr. Lc, 1,39-45). Quelle del profeta non
sono più soltanto parole, ma si sono fatte carne e sangue, fino al punto
che questa gioia è diventata esperienza presente, reale.
Domandiamoci:
il cristianesimo è un devoto ricordo o è un avvenimento che accade oggi
esattamente come è accaduto duemila anni fa?Guardiamo i tanti fatti che
i nostri occhi vedono in continuazione, che ci sorprendono e ci
stupiscono, a cominciare da quel fatto imponente che si chiama Benedetto
XVI e che ogni volta fa sussultare le viscere del nostro io. C’è uno in
mezzo a noi che fa sussultare il “bambino” che ciascuno di noi porta in
grembo, nel nostro intimo, nella profondità del nostro essere. Questa
esperienza presente ci testimonia che l’episodio della Visitazione non è
soltanto un fatto del passato, ma è stato l’inizio di una storia che ci
ha raggiunto e che continua a raggiungerci nello stesso modo,
attraverso incontri, nella carne e nel sangue di tanti che incontriamo
per la strada, che ci muovono nell’intimo. È con questi fatti negli
occhi che possiamo entrare nel mistero di questo Natale, evitando il
rischio del “devoto ricordo”, di ridurre la festa a un puro atto di
pietà, a devozione sentimentale. In fondo, tante volte la tentazione è
di non aspettarsi granché dal Natale. Ma a chi è data la grazia più
grande che si possa immaginare — vederlo all’opera in segni e fatti che
lo documentano presente — è impossibile cadere nel rischio di celebrare
la nascita di Gesù come un “devoto ricord o ”. Non ci è consentito! E
non perché siamo più bravi degli altri fratelli uomini, non perché non
siamo fragili come tutti, ma perché siamo riscattati di continuo da
questo nostro venir meno per la forza di Uno che accade ora e che revoca
la nostra condanna.
È
solo con questi fatti negli occhi che potremo guardare il Natale che
viene: non con una nostalgia devota, non col sentimento naturale che
sempre provoca in noi un bambino che nasce e neppure con un vago
sentimento religioso, ma in forza di una esperienza (perché tutto il
resto non produce altro che una riduzione di “quella” nascita). Dove si
rivela veramente chi è quel Bambino è in questa esperienza reale: il
figlio di Elisabetta ha sussultato di gioia nel suo grembo. È il
rinnovarsi continuo di questo avvenimento che ci impedisce di ridurre il
Natale e che ce lo può fare gustare come la prima volta.
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