domenica 12 giugno 2011

lettera 10 giu 2011

Da: padre Aldo TRENTO
 Data: Fri, 10 Jun 2011 15:08:26 -0400
 Oggetto: lettera 100629011

 Carissimi, prendendo sul serio quanto Carrón ci dice, facendo un lavoro permanente, verificando ogni momento la ragionevolezza della fede, il dubbio sparisce lasciando il posto a una certezza granitica che neanche la peggiore condizione in cui uno può trovarsi lo fa tremare. Questo non significa e lo sperimento tutti i giorni da più di 20 anni che mi sia risparmiata ´esperienza di solitudine, di dolore che Gesù stesso ha vissuto nel Getsemaní o sulla croce.
 Quante volte ho gridato e grido “Padre se possibile passi da me questo calice”, o quante volte ho cercato inutilmente una compagnia che “vegliasse” con me! Pero dentro questo deserto, questa battaglia il lumino della fede ha sempre vinto e anche se in certi momenti il grido di Gesù si fa vivo “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” è come che immediatamente vinca la posizione della fede: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta” o “Nelle tue mani affido me stesso”.
 Vedere ogni giorno persone morire o tanto dolore innocente mi permette di vivere continuamente questa esperienza. Dico esperienza perché sempre più chiaro risulta che Dio è tutto, che Dio si occupa di me e di ognuno di noi con una tenerezza infinita.
 Ieri è morta Domenica, una bellissima ragazza ammalata de AIDS. La sua giovane vita era stata distrutta dalla prostituzione cui era stata obbligata dal suo convivente, un tedesco, sparito quando si è ammalata. Leggere la sua cartella clinica è da infarto nel vedere a cosa può arrivare una persona quando sul suo cuore non c´è Dio. In questi ultimi mesi viveva in una casa le cui pareti erano di cartone e di celofan. L´abbiamo trovata abbandonata nel pavimento di terra, sola. Viveva con un uomo, nella miseria assoluta. L´abbiamo portata alla Clinica, ma lei già aveva deciso di morire. Non voleva sapere niente del mangiare, né dei medicamenti. In un momento di crisi ha avuto una reazione brutta con una infermiera che si è punta un dito con una siringa con la quale le aveva applicato una iniezione. Un dramma nel dramma.
 La infermiera, una bella ragazza, madre di quattro bambini, di cui tre sono gemelli, dopo un primo momento di paura e messasi in contatto con il medico responsabile del reparto a cui tempo fa era successo la stessa cosa, scrive queste parole: “appena mi sono resa conto dell´accaduto mi sono tolta i guanti, mi sono lavata, ho chiamato il medico per vedere cosa fare e ho provato una forte angustia. Ma subito ho consegnato tutto a Dio e mi sono ricordata ciò che mi era stato detto in un incontro di catechesi: ’Il demonio favorisce queste cose perché nasca in noi il dubbio: perché Dio permette queste cose?’ Ma io ho la certezza che anche questa prova è una Grazia di Dio che mi ama per cui lascio tutto nelle sue mani, perché si faccia la sua volontà e questo mi dona tanta pace”.
 Domenica, guardandola con amore, incominciò a calmarsi, a prendere le medicine e quando le chiedevo: “Vuoi un gelato?”,mi rispondeva: “Si padre, lo voglio alla vaniglia”.
 La depressione sembrò calmarsi un po’ e fu bello quando chiese il Battesimo e la Prima Comunione. Fu un momento che anche il suo stato di salute migliorò. Ricevette l´Eucarestia fino alla mattina del giorno in cui morì. La guardai, era ancora più bella. Il suo corpo mai amato e sempre usato aveva ritrovato un’armonia soppressa da anni di prostituzioni. Ancora una volta Dio ha vinto, ancora una volta l’evidenza che Dio non abbandona i suoi figli per quanto disperati siano si impone agli occhi di tutti.
 Era il riaccadere del fatto dell’adultera, della Samaritana. Allora, come non arrendersi all´evidenza, alla ragionevolezza della fede?
 E tutti i giorni è così, amici. Davvero siamo i viventi, davvero Cristo ha già vinto tutto. Amici vedo come Dio è attento a chi non ha niente, vedo come Dio ama e raccoglie quelli che il mondo chiama i rifiuti umani. Davvero per Dio non esiste il figlio buono o cattivo, esiste solo il figlio.
                                                                                   P. Aldo

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