lunedì 17 gennaio 2011

lettera del 15 gennaio 2011

CARI AMICI:  In queste settimane sono col pensiero fisso su due fatti che troviamo nel Vangelo: la nascita e la morte di Nostro Signore Gesu Cristo sulla croce e lo sgurdo di Gesú a Zaccheo.
 1-La nascita e morte di nostro Signore: i primi che andarono ad incontralo a Betlemme erano dei pastori. Normalmente quando pensiamo ai pastori, abbiamo di loro una immagine bucolica o romantica. Ma non credo che questa immagine risponda alla realtà. Erano beduini, si spostavano continuamente, vivevano di espedienti, rubavano, assaltavano ... una vita certamente disordinata, cioè vita da peccatori. Li penso così, perchè mi ricordo dei pastori della mia terra, di fatto erano dei “banditi”, non avevano dimora fissa e tante volte neanche una famiglia. Si spostavano dalla montagna al mare secondo le stagioni. Facevano danni ovunque rubacchiando ovunque, in concreto una vita disordinata, e la bestemmia era il loro linguaggio normale. Viveveno colle loro pecore, cavalli, asini e cani diventando a volte come loro. Non voglio pensare al film dei fratelli Taviani: “Padre padrone”, però credo che entrassero un pó in quella categoria... insomma... erano dei peccatori.
 Come quei due che erano accanto a Gesú sulla croce. Amici! tutto questo è sconvolgente: All’inizio come alla fine Gesú  si trova fra peccatori, come durante la sua vita. E questo mi riepie di commozione perchè risalta il fatto che Gesú è venuto per noi, poveri figli di Eva, è venuto grazie alla nostra povera e fragile umanitá.
 Per questo mi è spontaneo chiedermi: ma quanto Carron ci dice rispetto alla nostra umanitá, come il cammino a Cristo é ancora il punto su cui lavoriamo seriamente?
 Lo penso perche senza una grande simpatia per la nostra unmanitá cosí com’è, cosa vuol dire che Cristo é contemporaneo?
 Per me l’incontro con Cristo ha coinciso e coincide con un’affezione grande alla mia umanitá: la gioia di essere uomo, la libertá di guardare con ironia i miei peccati, i miei limiti. Non é piú il peccato, il limite, a definirmi, bensi quello sguardo, cosí come per i pastori una volta che L’hanno visto, cosí come quel ladrone una volta che sulla croce ha girato la testa e ha fissato Quell’Uomo. Grazie a quello Sguardo gli ha rubato il paradiso. Un vero “ladrone” fino alla fine!
  La simpatia per la nostra umanitá, simile a quella dei pastori o dei due ladroni in croce con Gesú, è cresciuto o é rimasta nascosta in un angolo del nostro Io?
 Sono commoso nel sentirmi abbracciato da quel bambino come i pastori, o come quei due banditi , uno dei quali entró in paradiso nell´ultimo istante della sua vita quando riconobbe in Gesú il Figlio di Dio.
 Amici, ma ci rendiamo conto che Cristo ha bisogno del mio limite, del mio temperamento?
 In questi giorni ho ricevuto nella clinica, per la terza volta, un ragazzo ammalato di cancro. Un ragazzo di strada, con un´esperienza tremenda di amicizie, tentativi di omicidio, di furti, droga, ecc. Ha un cancro che sembra una pietra aguzza sulla testa e un´altra nella parte destra del collo che sembra un pallone. Piú volte lo abbiamo ricevuto e curato e piú volte è scappato, lasciandomi il cuore ferito. É finito piú volte in carcere. Adesso é tornato perché non ce la fa piú, é finito. Ha 18 anni. Ieri mi ha chiesto la confessione. É stato davvero un riaccadere di quello che é successo ai pastori o ai due sulla croce, o meglio a quello che ha chiesto perdono. Lo guardavo negli occhi neri e lucidi mentre chiedeva perdono. “Io ti assolvo...” e tutta la sua storia di miseria é diventato di colpo una storia di grazia.
 Amici, potessimo lasciarci abracciare da quel bambino o da quell’Uomo che é venuto, vive, e si fa presente ogni giorno per dirci: “Di un amore eterno ti ho amato, avendo pietá del tuo niente”. In questi giorni il caldo é arrivato a 42 gradi eppure anche questo é grazia e mi permette dire, anche se tutto bagnato dal sudore, e con il respiro affatticato: “Tu oh, Cristo mio”.
 E cosí tutto diventa una grazia, una vibrazione appassionata per la tenerezza di Gesú, che mi fa guardare i miei figli bellissimi con una tenerezza unica, un pó come quella di Gesú. Guardandoli li trovo di una bellezza indescrivibile, sorridenti, vivi, certi di quell’Io sono tu che mi fai, sebbene dentro le terribili violenze sofferte e delle quali sono state vittime, come i bambini che Erode ammazzó tentando di eliminare anche Gesú.

 2- Lo sguardo di Zaccheo: mi impressiona, e mi conforta come Carrón ci provoca continuamente con questo fatto... e piú assimilo quello sguardo, piú sento vibrare dentro me ció che Zaccheo sperimentó nel momento in cui Gesú lo chiamó per nome. Mi si é inchiodato nella mente quell´istante, quell´attimo in cui si incontrarono lo sguardo di Zaccheo con quello del Maestro. Provate a pensare nei casini di ogni giorno, cosa significhi sentirsi guardati, fissati in quel modo! Tutto si scioglie, si illumina. Non spariscono i problemi, gli stati d´animo, le malattie, la depressione, ma tutto diventa un´altra cosa perché quello sguardo muta tutto, abbraccia tutto, diventa dominante del tutto.
 Florencio é un ragazzo di 20 anni, solo al mondo, é stato raccolto da una donna con problemi psichiatrici. Un dramma dentro un´altro dramma. Miseria, fame, abbandono. E infine un cancro al ragazzo gli ha “mangiato” la faccia, oggi terribilmente sfigurata. La “mamma”, ricoverata diverse volte in manicomio. Siamo riusciti a tirarla fuori da questo lager e a portarla accanto al figlio. Giorno e notte lo assite con una amorevolezza cosí grande che noi “sani”, se non vibrassimo come Zaccheo per Gesú, non riusciremo a capire o meglio neanche a renderci conto. Guardando quel ragazzo morente che ogni tanto riprende un pó di coscienza gli domando, “come stai Florencio?”, E lui alzando lievemente il pollice della mano mi fa capire: “bene”. L´altro giorno pensavamo morisse e la mamma mi disse: ”Padre, preferisco portarmelo a casa vivo, perché se muore qui, non ho i soldi per portalo fino a casa perché il tragitto é troppo caro (300 Km. da qui). La guardo con tenerezza e le dico:”Stella non ti preoccupare, ci penserá la Providenza”. E si tranquillizzó. Qualche ora dopo passai da lei e vidi con grande sorpresa che Florencio era seduto sul suo letto e con un pennarello stava disegnando una figura femminile. Guardo il disegno e guardo lui commosso... dalla sua bocca usciva un liquido marcio... ma che tenerezza! É letteralmente consumato dal cancro, tutto gonfio dalla carne oramai in decomposizione, eppure con lo sguardo mi dice che la vita é bella! Lo capisco, lo invidio, perché lui é cosí perché ha trovato mesi fa, quando é arrivato qui in condizioni disperate, lo sguardo stesso che aveva sperimentato Zaccheo davanti allo sguardo del Signore. Non si puó spiegare diversamente come un ragazzo in quelle condizioni, nei pochi momenti di luciditá e di coscienza, davanti alla mia domanda di come stá, mi risponde OK alzando il pollice e fissandomi col suo sguardo. Cosa posso fare se non baciarlo e inginnocchiarmi davanti a lui e lasciarmi guardare come Zaccheo da Gesú, presente in Florencio, cosciente di essere di fronte alla morte. Perché sente l´odore della sua povera carne che solo aspetta la risurrezione per ricomporsi, gloriosa e bella!
 Amici, quando Carrón ci ricorda nel suo articolo per il Natale scorso, che Cristo é presente oggi, per me, per voi, istante per istante non posso non pensare all’inno: “Jesus dulcis memoriae”. Davvero é proprio bello vivere con chi ti richiama e ti rimanda in ogni momento alla dolcezza di Gasú.
 P:Aldo

 PS: alle tante numerose e-mail da voi inviatemi, risponderó nei prossimi giorni, che saró per alcuni giorni in Brasile da miei amici. Star con loro é per me riposare nella dolce memoria di Gesú.  

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